PAROLE OLTRE - LA VOCE DEI DETENUTI
Vita di Gian
di Gian
Molti di voi in parte mi conoscono anche, se, ovviamente, non si conosce mai qualcuno abbastanza, spesso ci sorprendiamo perché non conosciamo neanche noi stessi. Ecco quindi alcune note integrative da parte mia.
Come alcuni sanno, il mio paese d’origine è la Bulgaria, un paese meraviglioso, ma, come altri paesi, un paese molto povero (anche se come in ogni paese c’è sempre un gruppo di privilegiati che vive meglio). E quindi sono stato costretto dalla povertà a emigrare nel vostro paese. In Bulgaria ho avuto un’infanzia relativamente felice, anche se contrassegnata da vari problemi di carattere familiare, sociale e economico. Mio padre era un militare “pilota di carri armati” nell’esercito bulgaro e per vari problemi familiari sono cresciuto, allevato dai miei nonni. Purtroppo, per un fato ingrato, durante la mia travagliata infanzia, sono cresciuto privo della figura materna.
In Italia, ho provato a cercare e a trovare un minimo di sicurezza sociale e economica. Ma poi è capitata anche questa disavventura.
Allo stato attuale mi trovo in carcere dal 2007, quindi da quattro anni. E’ stata un’odissea piena di vicissitudini, sofferenze e molte lacrime, ma anche caratterizzata da un percorso, sino a dove è possibile, di rieducazione, di riabilitazione. Sono stato aiutato a acquisire una migliore conoscenza e uso della lingua italiana. All’inizio non è stato facile in quanto trovarsi davanti una prospettiva di sei anni da trascorrere in carcere, credo che sia la disgrazia più atroce che possa capitare. Ma ci sono persone a cui è andata anche peggio.
Agli inizi ero davvero disperato e in un momento di iniziale salita ho avuto considerevoli problemi psicologici anche per i problemi patiti nella realtà carceraria, specialmente nel periodo trascorso in Sicilia. La mia vera ripartenza carceraria in vista di una mia riabilitazione risale a tre anni fa quando sono tornato nel carcere di San Vittore dove tuttora mi trovo. A quel tempo, in un attimo di sconforto, probabilmente per lanciare un messaggio, ho commesso un gesto auto lesivo, ma della serie “non tutto il male viene per nuocere”.
Quella sera era di servizio un funzionario capace e dotato di infinita sensibilità umana, l’ispettore responsabile del sesto raggio, dove mi trovo tuttora. Quella sera in quelle circostanze drammatiche, ascoltandomi, mentre esprimevo tutto il mio dolore e la mia disperazione lui con gli occhi lucidi mi promise che mi avrebbe aiutato. E lo ha fatto!
Come ho già detto ho frequentato i corsi di italiano per migliorare la mia conoscenza della lingua. Ho ricevuto il necessario sostegno psicologico che gradualmente seppure con qualche momento di crisi, mi ha permesso di intraprendere quel percorso che tende al reinserimento. Per chi mi conosce e ancora di più per chi ha condiviso con me la cella e lassi di tempo di carcerazione non è certo un mistero: fiumi di lacrime sono sgorgate dai nostri occhi nei momenti di disperazione. Quante volte mi addormentavo, abbandonato sulla branda e per un illusorio attimo ero ancora felice perché sognavo di essere con i miei due figli e con mio padre per poi svegliarmi e ritrovarmi ancora nella cupa realtà, nell’universo ristretto di una cella angusta.
Frequentemente parlavamo io e i miei compagni di sventura per confortarci reciprocamente sfogavamo il nostro dolore, tutti pativano come un altro motivo di pena il non potere vedere i loro figli da un mese, da qualche mese o da un anno.
Io li comprendo ma cosa dovrei dire io che non li vedo da quattro anni? A volte penso che i genitori che hanno la fortuna di vivere con i loro figli, non si accorgono di come crescano in modo sorprendente, perché li hanno sempre con sé davanti agli occhi e non notano i radicali cambiamenti se non periodicamente quando si fermano a riflettere su tale prodigio.
Io allo stato attuale mi trovo davanti alla prospettiva di espiare 11 mesi, prima di essere scarcerato e rimesso in libertà. Se sarà così come spero in quel meraviglioso giorno sarà compiuto il quinto anno senza vedere i miei figli.
A volte mi sento un po’ travolto dall’emozione perché li troverò davanti a me come se fossero cresciuti in un colpo, in un attimo. Per me sarà una grande emozione che mi darà il senso del tempo che scorre inesorabilmente.
Credo proprio che li divorerò di baci, di carezze, di complimenti, di coccole e di parole dolci così come colmerò di tali attenzioni mio padre che essendo anziano, ma forte li ha custoditi con grande amore e coraggio.
Ricordo che l’anno scorso uno dei miei compagni, Bruno, cercava in tutti i modi di aiutarmi compilando delle istanze da presentare al giudice allora competente affinché i miei figli e mio padre ricevessero un aiuto economico. Mio padre è, infatti, anziano e vive di una modesta pensione con la quale deve provvedere ai miei due figli. Per vicende familiari la madre non c’è e non accudisce i nostri figli. Questi oltre a crescere in mezzo a problemi sociali e economici soffrono di carenze affettive essendo privi di entrambi i genitori.
A tale proposito il giudice competente negò di essere competente di tali problematiche sociali e familiari. Probabilmente avrebbe potuto affidarmi a una assistente sociale. Inoltre l’anno scorso ero ancora nello stato di ricorrente, ancora in assenza di una sentenza definitiva. E ancora gli operatori del carcere non avevano competenza giurisdizionale burocratica sul mio caso. Pertanto non è stato possibile ottenere tale prezioso aiuto.
Devo dire che mia figlia è affetta da una grave cardiopatia congenita, per la quale è stato indispensabile sottoporla a un grave intervento chirurgico. Inoltre, per i gravi postumi di questa operazione è affetta da gravi disturbi del linguaggio per cui occorrerebbe un trattamento di logoterapia.
Chiunque abbia figli e conosca il senso dell’amore paterno non potrà non immedesimarsi nelle atroci sofferenze di chi è impotente di fronte alle difficoltà dei propri figli trovandosi in un carcere che ben poco ha di reintegrativo.
Questo è un tema in questi giorni di attualità: l’emergenza carceri e l’impegno civile di Pannella, della Bonino, della Bernardini, encomiati del Capo dello Stato.
Ma andiamo agli aspetti positivi della carcerazione che comunque mi ha garantito un percorso rieducativo, nonostante i deficit strutturali e infrastrutturali del sistema carcerario grazie al personale, ai funzionari che si impegnano alacremente per colmare le innegabili carenze istituzionali. Ebbene, grazie a tale impegno, la rieducazione è possibile.
Nel mio stato attuale, tutto al confronto sembra un sogno. In seguito al mio impegno con cui ho cercato di ripagare tutto il benevolo aiuto ricevuto, ho goduto di un anno di liberazione anticipata, avendo maturato i termini per ottenere tale beneficio. La mia pena è stata abbreviata di un anno.
Inoltre ho ottenuto il privilegio di lavorare. E è chiaro che quando si è impegnati mentalmente e fisicamente le giornate scorrono più in fretta . A conti fatti di questa lunghissima quanto buia galleria comincio a intravedere la luce, la via d’uscita. Mancano 11 mesi per ottenere l’agognata libertà. Tutto questo mi fa pensare con coraggio che se il mio vascello ha retto all’urto della violenta tempesta, ora che le acque si sono calmate la navigazione sarà più facile. Sino alla meta finale. Io spero che quel giorno anche per i colpevolisti il mio debito con la giustizia sarà stato pagato. Dico questo anche se mi sono sempre proclamato innocente.
La Costituzione Italiana sancisce “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso d’umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.” Art. 27 comma III
Lo specifico ordinamento penitenziario “in abbinamento” stabilisce: “Nell’azione di assistenza alle famiglie dei detenuti e degli internati prevista dall’art.45 della legge (ordinamento penitenziario). Particolare cura è rivolta alla situazione di crisi che si verifica nel periodo che segue immediatamente la separazione del congiunto.”
E, purtroppo fino a un anno fa l’applicazione di questa legge non è stata garantita..il testo prosegue..
“In tale situazione deve essere fornito ai familiari, specialmente di età minore, sostegno morale e consigli per fare fronte al trauma affettivo, senza trascurare i problemi pratici e materiali, eventualmente causati dall’allontanamento del congiunto. Particolare cura altresì è rivolta per aiutare le famiglie dei detenuti e degli internati nel periodo che precede il loro ritorno.” Art. 89 al capo V dell’assistenza dello specifico ordinamento penitenziario.
Questa è la mia attuale posizione giuridica e la mia speranza esistenziale.
Ho studiato per imparare al meglio l’italiano, ho beneficiato della liberazione anticipata di un anno, ho lavorato e forse mi saranno concesse delle licenze premio. A volte oltre a essere grato dell’aiuto ricevuto da persone di inestimabile valore come l’ispettore, contestualmente sono anche fiero di aver percorso costruttivamente il sentiero che conduce alla mia riabilitazione e al ricongiungimento con i miei familiari. Al quale mancano 11 mesi. Mi voglio impegnare perché questo accada, come sinora ho fatto.
Spero anche che le istituzioni, nonostante il momento di crisi, mi diano il necessario aiuto facilitando l’ottenimento di un onesto lavoro per garantire il necessario ai miei amati figli e al mio amato padre. Il giorno in cui potrò riabbracciarli lo dedicherò a tutti gli operatori che mi hanno aiutato e a tutti i compagni di disavventura augurando che possano provare anche loro una simile felicità.
* Il nome dell'autore detenuto è di fantasia. Il testo qui riportato non è una trascrizione fedele ma è frutto di una personale e approssimata rielaborazione del testo originale letto dall'autore durante i nostri incontri.
* Il nome dell'autore detenuto è di fantasia. Il testo qui riportato non è una trascrizione fedele ma è frutto di una personale e approssimata rielaborazione del testo originale letto dall'autore durante i nostri incontri.
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