Quando non c'erano i gossip di Emilio Pozzi e la polemica sulla Giustizia.
Luciana Invernizzi con i detenuti
Oggi il tempo è ancora mite e il sole indugia sui tetti dei palazzi e sull’asfalto delle strade diffondendo la sua luce dorata. Di scena è Luciana Invernizzi per presentare Quando non c’erano i gossip. Nell’atrio incontriamo Donatella Massimilla (presidente del CETEC), si scambiano saluti calorosi, poi si sale al sesto secondo. L’ispettore dà il benvenuto a Luciana e si comincia... Luciana racconta della sua ventennale attività a San Vittore e della lunga amicizia con Luigi Pagano (attualmente provveditore per la Lombardia è stato direttore di San Vittore) per introdurre il primo aneddoto. Il giornale di San Vittore aveva vinto il Premiolino e i detenuti erano stati invitati alla consegna del premio. Dopo la cerimonia la station wagon guidata da Luciana (che si era assunta l’incarico di accompagnare i detenuti ) ospita il direttore, la guidatrice e i quattro detenuti, uno dei quali prende posto nel bagagliaio. Durante il tragitto uno di loro preoccupato domanda a Luigi Pagano: “E se ci ferma la polizia?” E il direttore con calma olimpica: ”Ci accompagna a San Vittore, tanto lì dobbiamo andare!” . Il secondo aneddoto riporta agli anni ruggenti della Rai e a un’intervista fatta ai comici Stan Laurel e Oliver Hardy da Emilio Pozzi, l’autore del volume. Luciana Invernizzi con i detenuti
Emilio non sapeva l’inglese e dovendo accogliere al treno i due comici aveva imparato alcune semplici frasi da
rivolgere al loro arrivo. Tutto era filato liscio, ma nel pomeriggio occorreva fare un’intervista vera e propria che richiedeva la presenza di un interprete. Uno dei comici si stupisce e chiede allora a Emilio (costretto poi a svelare l’arcano) se avesse già dimenticato l’inglese dal momento che la mattina lo aveva parlato in modo impeccabile. Lui quindi è costretto ad ammettere che non conosceva che poche frasi. E’ così che Emilio racconta di essere riuscito a fare ridere due grandi comici. Luciana ricorda l’arresto di Emilio Pozzi e la sua detenzione a San Vittore per sei mesi, sorpreso da alcuni militari nazisti a fare volantinaggio insieme all’attore Nando Gazzolo, che era riuscito però a scappare, grazie alla presenza di spirito dello stesso Emilio. Racconta del suo esordio giornalistico alla Rai essendosi trovato per caso in via De Amicis a assistere al crollo della Rinascente. Poi si parla dell’indulto a cui Luciana si dichiara contraria perché ciò che è auspicabile – sostiene - è una giustizia giusta... L’argomento suscita un animato dibattito. Giacomo sostiene che i giudici soffrono di protagonismo e sono condizionati dalla pressione mediatica. Si cita l’assoluzione di Amanda Knox come prova degli errori giudiziari e del ribaltamento delle sentenze nei vari gradi di giudizio. Simone sostiene che la magistratura è un ordine essenziale in un
sistema democratico e che nel nostro ordinamento giudiziario l’appello sia una garanzia e sia pertanto fisiologico che possa ribaltare la condanna. In America dove non ci sono vari gradi di giudizio hanno verificato che alcune persone condannate a morte erano innocenti. Poi insiste sul fatto che i magistrati seguono la legge e che sarebbe più opportuno prendersela al limite con l'attuale legislazione piuttosto che con un ordine che è di garanzia per il cittadino. L'unica critica che Simone sente di condividere è quella dei tempi "pachidermici" della giustizia italiana. Gian parla delle lungaggini dei processi e di persone che subiscono la detenzione quando non è provata la loro reità. Dice di non aver voluto accettare il rito abbreviato e il patteggiamento ma di averne pagato le conseguenze. Qualcuno osserva che i personaggi eccellenti hanno un trattamento di rispetto. Luciana afferma che un politico dovrebbe dimettersi anche se non ha colpa. Si parla di reati minori come il furto di auto e delle lungaggini che complicano e rallentano la macchina della giustizia. Poi si accenna alla accusa di stalking che può essere usata dalla ex moglie o dalla ex partner per vendicarsi. Tutti sono d’accordo sulla necessità di prove certe a carico dell’imputato e segnalano l’esistenza di pregiudizi (anche di natura ideologica e politica) che possono inficiare l’operato della magistratura. Uno dei partecipanti parla dei rischi di prestare soccorso perché si incorre nelle maglie degli inquirenti, un altro racconta di un caso in cui la parte denunciante non aveva riconosciuto l’imputato e non era scattato l’immediato rilascio. Ognuno ha qualche esperienza da raccontare. Azalen propone la lettura di alcune poesie del poeta Tagore per alleviare la tensione emotiva. Prima del termine si legge il resoconto dell’ultimo incontro. I saluti cordiali e le calorose strette di mano concludono il Libroforum.
* I nomi dei detenuti sono di fantasia
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