venerdì 25 novembre 2011

Padri e figli

Padri e figli, libere considerazioni in riferimento ai temi trattati durante l'incontro del 7 novembre 2011

In carcere non si parla solo di spazi ristretti, di mescolamenti di persone e di culture che possono procurare rigetti e idiosincrasie, di una vita che a volte ferisce la dignità ma anche di legami che imprimono un segno indelebile nella esistenza di un uomo. Come quello tra padre e figlio. E’ il libro di Folco Terzani (e di suo padre TizianoLa fine è il mio inizio a dare lo spunto per raccontare delle esperienze personali. 




I racconti si intrecciano e parlano di padri assenti, di padri mai conosciuti o di padri che fanno scelte drammatiche, come quella di denunciare il proprio figlio per salvarlo dall’alcol. L’esperienza di Giovanni (uno dei primi a affrontare l’argomento)  mostra  tutta la distanza che si può creare tra due generazioni. Suo  padre era  un uomo tutto votato al lavoro, - racconta -  che credeva in questo modo di dare tutto, mentre lui si è sentito privato della sua presenza. Capita che la sofferenza non possa essere riconosciuta  quando c’è la sicurezza e la solidità economica e che non si comprenda il vuoto affettivo procurato dalla assenza delle persone che si amano. Crescendo Giovanni può disporre di molti soldi, ha un posto di dirigente nell’azienda ma sente la necessità di fare la sua strada, sbagliata, purché non coincida con quella che suo padre ha scelto per lui. Il rapporto diventa difficile perché sfugge alla logica della convenienza e rientra nella logica complicata degli affetti. Giovanni racconta degli scontri violenti e delle incomprensioni che hanno alzato un muro tra lui e il padre. Oggi, per lui rimane il dolore per non averlo potuto riabbracciare prima che se ne andasse e per non avere raccolto le sue ultime parole.
Toccante la storia di un trans. - Ero un bambino – dice - e non capivo perché mio padre non mi guardasse mai. Io non ho mai avuto un suo abbraccio. Sono cresciuto così, senza affetto. Quando ho compiuto 21 anni ho lasciato il mio paese e sono arrivato in Italia, volevo dimostrare di essere capace e ho anche aiutato la mia famiglia. Quando sono ritornato, i miei parenti sono venuti a prendermi all’aeroporto, ma erano seri con le facce scure  e io, arrivato a casa, li ho riuniti e ho chiesto se potevo rimanere con loro o se dovevo affittarmi un appartamento. Mi avevano detto che c’erano i miei nipoti, che non dovevo farmi vedere e io ho raccontato tutto quello che avevo sofferto e ho detto loro che ero stato un buon figlio. Allora mio padre mi ha abbracciato e abbiamo pianto insieme. Nel libro di Terzani lo scontro tra padre e figlio avviene in modo drammatico ma si risolve con un passaggio del testimone, anche nelle esperienze raccontate c’è un passaggio che porta a separarsi ma per fare la propria strada, giusta o sbagliata che sia.  

* I nomi dei detenuti sono di fantasia

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