Incontro del 4 giugno 2012 Milano Casa circondariale San Vittore
Riprende il Libroforum
Azalen Tomaselli e Simon Pietro De Domenico con i detenuti
Azalen Tomaselli e Simon Pietro De Domenico con i detenuti
Oggi riprende dopo un lungo intervallo il Libroforum. Un sole pallido ci accompagna dopo una notte di pioggia abbondante. Al sesto secondo ci viene incontro un giovane bibliotecario, avvertendoci che la stanza è pronta. E’ una sala piccola e rettangolare con una finestra sul cortile e delle tende fantasia. Fuori nel cortile alcuni detenuti giocano a calcio. I partecipanti arrivano alla spicciolata, si scambiano strette di mano e si inizia. E’ un piacere rivedere alcuni vecchi frequentatori. Simone informa un partecipante che la sua poesia sull’aceto balsamico è stata segnalata in un concorso di poesia. Azalen soggiunge che è stata citata nel nuovo romanzo di Giorgio Cesati Cassin. A turno i partecipanti si presentano. Il primo a parlare è Antonio: dichiara di essere sieropositivo da molti anni, ma di stare bene, accenna a una esistenza difficile, a lunghi periodi di depressione e poi a fasi di ripresa in cui è riuscito a formarsi una famiglia, poi ulteriori difficoltà l’hanno mandato a fondo. Simone chiede che cosa si aspetti da questi incontri e quali letture prediliga e risponde di amare la saggistica e la fantascienza. Anche Giovanni dice di amare la lettura, in particolare storia e la saggistica, meno la narrativa perché è “come sentire le storie degli altri..” Seguono altre brevi presentazioni: a parlare è un detenuto straniero da sei anni in Italia, esperto di agopuntura e un detenuto arrivato dall’Egitto, entrambi dicono di venire per parlare l’italiano. Un altro partecipante racconta i motivi per lui incomprensibili dell’arresto, poi è la volta delle vecchie conoscenze, Sergio parla bene del Libroforum e si rammarica di essersi bloccato nella scrittura per mancanza di tempo e di input adeguati.
Un altro partecipante confida di avere provato per ben dieci volte a scrivere un romanzo. Azalen chiede a Eddie se sia riuscito a vedere il figlio. Lui esprime il dispiacere di non vederlo crescere. Infine si legge una dedica di Alda Merini a un libro di poesie, composte dai detenuti e includente una poesia della poetessa. E’ lo spunto per un breve dibattito tra Sergio che rileva la scarsa incidenza delle iniziative per migliorare le condizioni del carcere e la risposta di Giovanni che sostiene come si debba iniziare da ciò che facciamo, senza ricorrere alla televisione, cita le parole del testo che l’hanno più colpito: “..l’uomo non deve dimenticare che vive nella prigione del suo corpo e dei suoi pensieri, quindi anche il detenuto ha diritto al suo spazio di libertà e alla sua anima”. Simone ribadisce che non è garantita la dignità quando si sta in sei in una cella. Azalen presentandosi come mediatrice penale parla della giustizia riparativa e della possibilità di una conciliazione tra l’autore di un atto illecito e la persona che lo ha subito. Un detenuto osserva che il sistema giustizia esercita la vendetta. Altri sostengono che la pena deve esserci, ma equa. Simone si dichiara contrario alla carcerazione in attesa di giudizio, e segnala la mancanza di corsi e di cooperative di lavoro che favoriscano il reinserimento dell’ex detenuto. Si dovrebbe falsificare la fedina penale per ottenere un impiego e se poi si incorre nella giustizia si dovrebbe rispondere al giudice che si è stati costretti, commenta un altro. Azalen lancia una provocazione: da fuori si dovrebbe “adottare” un detenuto. In che modo vorrebbero essere aiutati? Si azzardano ipotesi: ospitalità, aiuto economico, corrispondenza, ma con molto scetticismo. Qualcuno osserva che non ospiterebbe a casa propria un ex carcerato. Aleggia la sfiducia nella possibilità di un riscatto, in assenza di supporti e di una attiva partecipazione esterna. Occorrerebbe un impegno concreto delle istituzioni per scongiurare la recidiva e riguadagnare alla società tante risorse umane. G. accenna al costo sociale della detenzione. Il carcere è una realtà non giustificabile per la società, come ha detto Giorgio Napolitano, istituita in nome della sicurezza che ne viene più insidiata che garantita. Un detenuto manifesta il desiderio di fumare.. è il momento di concludere l’incontro. Mentre concludo il mio resoconto scorrono su Rai Tre alcuni dati sulla situazione carceraria: nel 2010-2011, 2323 detenuti si sono diplomati in carcere. Che sia un segno?
* I nomi dei detenuti sono di fantasia
Un altro partecipante confida di avere provato per ben dieci volte a scrivere un romanzo. Azalen chiede a Eddie se sia riuscito a vedere il figlio. Lui esprime il dispiacere di non vederlo crescere. Infine si legge una dedica di Alda Merini a un libro di poesie, composte dai detenuti e includente una poesia della poetessa. E’ lo spunto per un breve dibattito tra Sergio che rileva la scarsa incidenza delle iniziative per migliorare le condizioni del carcere e la risposta di Giovanni che sostiene come si debba iniziare da ciò che facciamo, senza ricorrere alla televisione, cita le parole del testo che l’hanno più colpito: “..l’uomo non deve dimenticare che vive nella prigione del suo corpo e dei suoi pensieri, quindi anche il detenuto ha diritto al suo spazio di libertà e alla sua anima”. Simone ribadisce che non è garantita la dignità quando si sta in sei in una cella. Azalen presentandosi come mediatrice penale parla della giustizia riparativa e della possibilità di una conciliazione tra l’autore di un atto illecito e la persona che lo ha subito. Un detenuto osserva che il sistema giustizia esercita la vendetta. Altri sostengono che la pena deve esserci, ma equa. Simone si dichiara contrario alla carcerazione in attesa di giudizio, e segnala la mancanza di corsi e di cooperative di lavoro che favoriscano il reinserimento dell’ex detenuto. Si dovrebbe falsificare la fedina penale per ottenere un impiego e se poi si incorre nella giustizia si dovrebbe rispondere al giudice che si è stati costretti, commenta un altro. Azalen lancia una provocazione: da fuori si dovrebbe “adottare” un detenuto. In che modo vorrebbero essere aiutati? Si azzardano ipotesi: ospitalità, aiuto economico, corrispondenza, ma con molto scetticismo. Qualcuno osserva che non ospiterebbe a casa propria un ex carcerato. Aleggia la sfiducia nella possibilità di un riscatto, in assenza di supporti e di una attiva partecipazione esterna. Occorrerebbe un impegno concreto delle istituzioni per scongiurare la recidiva e riguadagnare alla società tante risorse umane. G. accenna al costo sociale della detenzione. Il carcere è una realtà non giustificabile per la società, come ha detto Giorgio Napolitano, istituita in nome della sicurezza che ne viene più insidiata che garantita. Un detenuto manifesta il desiderio di fumare.. è il momento di concludere l’incontro. Mentre concludo il mio resoconto scorrono su Rai Tre alcuni dati sulla situazione carceraria: nel 2010-2011, 2323 detenuti si sono diplomati in carcere. Che sia un segno?
* I nomi dei detenuti sono di fantasia
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