Incontro del 18 giugno 2012 Milano Casa circondariale San Vittore
Oggi Simone va in carcere da solo. Prende posto in una delle aulette del sesto secondo e attende l’arrivo dei partecipanti. I detenuti arrivano, dopo pochi minuti e, notando l’assenza di Azalen, ne chiedono notizie. Simone spiega che Azalen è stata trattenuta da un impegno di lavoro e che sarà presente il prossimo lunedì. Marco chiede il permesso di leggere qualche pagina del romanzo che sta scrivendo. Legge per qualche minuto, senza destare grande interesse.. Al termine della lettura viene chiesto ai detenuti di esprimere un’opinione sul testo di Marco, l’accoglienza è piuttosto fredda e critica. Simone fa notare che Marco ha letto male, troppo velocemente e senza ben scandire le parole. Spiega che leggere è un’arte e che l’intonazione, la cadenza e la musicalità della parola sono essenziali per coinvolgere un pubblico di uditori. Invita, però, Marco a proseguire nella scrittura del suo romanzo, senza farsi scoraggiare.
“La paura” di Checov. Paura dell’ignoto o paura della nostra fragilità?
Simon Pietro De Domenico con i detenuti
Simon Pietro De Domenico con i detenuti
Si prosegue con la lettura de La paura di Cechov, un racconto poco conosciuto del celebre scrittore e drammaturgo russo. Il racconto è lungo e, per rendere l’ascolto meno faticoso, - soprattutto per i partecipanti stranieri - Simone prende spesso lunghe pause nei punti salienti, cercando di ricapitolare brevemente la storia e invitando i detenuti a interrogarsi sul suo significato. Il primo aspetto che viene analizzato è la paura per quello che non si conosce, la paura dell’ignoto. Uno dei personaggi del racconto, in un passaggio chiave dichiara che non ha senso aver paura dei fantasmi e allo stesso tempo non provare terrore per la vita stessa, non meno misteriosa e insondabile degli spettri della notte. Allora viene chiesto ai presenti se qualcuno abbia paura della vita, del suo mistero e della sua imprevedibilità. Il dibattito diviene subito acceso. Matteo dice di temere la vita perché sa quanto può essere beffarda, Carlos fa notare che non capisce esattamente cosa si intenda per paura della vita. Simone chiarisce che per Cechov la paura è semplicemente il non riconoscere il senso della nostra vita. A quel punto tutto sembra inutile, la nostra sofferenza, le nostre difficoltà, persino i nostri momenti di gioia. Come se gli uomini si dimenassero e combattessero per nulla. Simone - con l’intenzione di provocare reazioni e riaccendere il dibattito - fa balenare l’ipotesi che per i credenti questo “male” di vivere non sussista, che per loro non vi siano dubbi, non si pongano queste domande, insomma, che per loro la vita sia più semplice.
Come previsto, si scatena un dibattito, in cui i credenti cercano di avvalorare questo punto di vista, gli atei e gli agnostici cercano di contestarlo, sostenendo quanto non sia necessario credere in un dimensione trascendente per capire il senso della vita. E’il momento per tutti i detenuti di raccontare il loro personale rapporto con la spiritualità. Luca sostiene di credere in una grande energia che permea tutti gli esseri viventi, una concezione che ricorda lontanamente il buddismo, Andrea sostiene di credere in Dio ma non nelle istituzioni ecclesiali, altri confidano di aver pregato con fervore nei momenti difficili ma di non aver mai ricevuto risposte e per questo sostengono di ritenere di essere soli.
Dopo questa digressione, Simone riprende la lettura. Davide un po’ annoiato chiede il permesso di andarsene, Eddie gli dice di non interrompere. I due hanno un piccolo diverbio venendo quasi alle mani e Simone interviene dicendo che nessuno è obbligato a restare e che questo deve essere un momento di piacere per i detenuti, non un obbligo. Poi finisce di leggere il racconto. Marco fa notare l’importanza del personaggio ubriacone che, verso la fine del racconto, si dichiara libero. Quello che è considerato il personaggio più sfortunato e miserabile è in realtà l’unico che ha compreso che nulla ha senso e che non vale la pena affannarsi. Questa sua rassegnazione lo rende più libero rispetto a coloro che combattono per un’esistenza che non sarà meno grama della sua.
Luca propone come sistema per vivere meglio la meditazione, e chiede il permesso di leggere un breve testo sulla meditazione. L’incontro si conclude con una lezione di Chen sulle tecniche meditative nel Taijiquan.
* I nomi dei detenuti sono di fantasia
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