Rosa Gargiulo presenta Cara Jo a San Vittore.
Rosa Gargiulo, Azalen Tomaselli, Giorgio Cesati Cassin e Simon Pietro De Domenico con i detenuti.
Una morsa di aria fredda stringe
Milano. Azalen e Simone con Rosa Gargiulo si recano in via degli
Olivetani. Qui con Giorgio Cesati Cassin varcano il portone di San
Vittore. Superati i primi tre cancelli mentre percorre il lungo
corridoio, Rosa, guardando gli acquarelli alle pareti commenta
“Sembra una scuola, almeno una delle nostre del Sud, dismesse e
cadenti”. Saliti al sesto, prendono posto nella cella, dove,
trascorso qualche minuto, arrivano sorridenti e cordiali i
partecipanti. Dopo aver presentato Rosa Gargiulo, Simone esordisce
con un breve preambolo sui resoconti “lunghi e soporiferi” ma
che sono scritti con l’obiettivo di conservare lo storico degli
incontri. Iena nota la mancanza di un “guizzo” che li renda più
piacevoli. Giocadinuovo osserva che fanno da tramite con l’esterno
e comunicano a chi è fuori “Che siamo ancora vivi, abbiamo ancora
una voce”. La reclusione isola infatti il detenuto dai suoi
affetti, dai legami profondi, spogliandolo del diritto inalienabile
di esprimere un pensiero e una volontà autonomi, deprivandolo di una
quota di dignità.
Poi la parola va a Rosa, che si racconta in prima
persona con parole semplici e toccanti. Negli occhi scuri ha la luce
della sua riviera sorrentina, lo sguardo è diretto, modulato da
un’insolita dolcezza. Lavora in un centro per pazienti oncologici
dove ascolta storie di paura e di speranza per rendere più umana e
più accettabile la sofferenza. C’è un anello con il carcere,
dice. Iena conferma: “Siamo pazienti che attendono di essere
curati"
Poi Rosa estrae i “libri piccolini
che si leggono in un’ora”, e li distribuisce con un sorriso.
Sulla copertina campeggia una figura di donna intenta a scrivere,
particolare di un dipinto di J. Vermeer . E’ una chiave per entrare
nel dispositivo narrativo del suo libro, una sorta di compendio
dell’anima . L’autrice dialoga con una amica immaginaria per
confessarsi, riflettere e mettere ordine nei pensieri, nei
sentimenti e nelle emozioni che si agitano e convivono nel suo cuore.
Cara Jo è infatti una raccolta di lettere scritte dall’autrice
nel corso degli anni a Josephine, la ragazza forte istintiva e
generosa del romanzo di Louise Alcott. Con la terribile Jo Rosa
condivide l’amore per la lettura e il desiderio di diventare una
scrittrice, ma soprattutto i valori: famiglia, amicizia,
solidarietà..“Perché oggi le persone hanno bisogno di parlare di
valori e questo è un momento di parole e di condivisione, in un
posto che mi è sembrato una scuola”, afferma. Animabella che ha
preso a suonare discretamente la chitarra osserva: “L’apparenza
inganna, è tutto fuorché una scuola!”
Giorgio legge uno dei brani del libro: “Crescendo… fuori dalle chiese”. “Sono stanca di vedere
la gente pregare, le mani giunte e le dita che scivolano su rosari
consumati..il mio Dio è rimasto fuori le chiese, i nuovi sepolcri in
cui gli uomini lo hanno rinchiuso” dice il testo.
L’uditorio è
attento, c’è un palpabile silenzio perché sono parole che
incidono e graffiano. Azalen trova delle concordanze con Il racconto di Natale di Buzzati (Letto a conclusione dell'incontro del 10 dicembre). A questo proposito Rosa racconta di un’esperienza alla
Caritas e del suo bisogno di uscire dalle chiese, dalla comodità per
andare per le strade a aiutare persino "chi crede di non avere bisogno".
Simone chiede se qualche episodio l’abbia portata a un cambiamento
così radicale. Rosa parla di indifferenza, di egoismi, di
insensibilità, di porte chiuse (riferisce l’episodio di un uomo
arrivato in stato confusionale dalla Calabria al quale era stato negato
aiuto dalla sua comunità. L'uomo è stato soccorso da persone atee, non dai caritatevoli cattolici).
“Occorre decolorare la solidarietà”, dice Rosa, “ho scelto
un’altra via perché ho pensato: forse non sono nel posto giusto”.
Giocadinuovo le risponde: “Non hai visto l’umanità che ci deve
essere”.
Il dibattito s’infervora quando Iena contesta a Rosa di
non averli denunciati a se stessi (i falsi cattolici). Simone approva
il cambiamento di rotta, necessario quando non si vedono altre vie
d’uscita. Il dibattito si divide tra chi vede nella chiesa una realtà ormai arida e istituzionale e chi la riconosce come fondamentale per il sostegno ai deboli. Qualche altro partecipante ricorda il caso di cronaca di
un parroco ucciso perché aveva aperto le porte a dei malviventi e il
caso dell’arcivescovo zambiano Milingo, dimesso dallo stato
clericale nel 2009. Rosa risponde “Sono stata in quel contesto per
vent’anni”. Iena osserva “Tu per venti un altro trentatré”. Giorgio dice: “Non è facile seguire l’impulso, c’è la paura”.
Sia gli atei sia i credenti possono fare del bene, ma secondo Azalen il credente agisce per fede, entra in una sfera che non
è solo umana, ma trascende l’umanità. "Dio è dentro di noi" afferma Giocadinuovo riecheggiando una celebre frase di Sant’Agostino
(In interiore hominis habitat Veritas).
Giorgio ha il tocco magico
per alleggerire il dibattito con un suo ricordo personale, l’acquisto
di un camper e la gita solitaria col fedele Asdrubale (il cane) al
Monte Stella dove s’imbatte in una piccola zingara cenciosa. Alla
fine della storia Iena commenta: "Ti è andata bene" e mima Giorgio che
corre trafelato dietro il camper rubato dalla madre della zingarella.
Chiusa la parentesi, il discorso vola nuovamente al tema della
coerenza e del coraggio di amare.
Poi - su suggerimento di Azalen - Iena legge un altro brano di Cara Jo: “l’Infanzia per
sempre”, una lettera indirizzata a Pinocchio, l’inseparabile
amico di carta di molti bambini. Il burattino ribelle rappresenta
“l’incontenibile bisogno di libertà: di sbagliare, di scegliere
la via che il cuore ti indica, di fidarti degli altri e restarne
deluso, di capire – finalmente – chi sei e cosa vuoi”.
Pinocchio insegna agli uomini di oggi la libertà che è anche
verità: “perché la vita non si insegna, ma i sogni possono
realizzarsi”. Il burattino con le sue peripezie, le sue bugie, i
suoi ripetuti errori e con il suo lieto fine è emblema di una storia
simbolica di crescita e di trasformazione, di umanità che si
riscatta da sé.
Su richiesta di un partecipante, Giorgio legge un
capitolo di “Il fumo dagli occhi”. Il racconto del furto di una
gallina ad opera di una banda di ragazzini. Il testo gli fa
riaffiorare il ricordo della lezione violenta impartitagli dal padre,
per avere rubato delle caramelle a sei anni. Era stato portato di
peso a restituire la refurtiva alla padrona del bar. Giocadinuovo
nota mestamente che "ci sono errori che poi ti ritornano indietro
quando sei nel baratro..” Verso la fine i discorsi si intrecciano
senza un preciso ordine ruotando attorno alla sproporzione delle
punizioni che lasciano un segno indelebile. Al termine Rosa Gargiulo legge le ultime righe della lettera intitolata Vivendo contenuta in Cara Jo:
«Non che la vita non mi piaccia: sono soddisfatta della mia storia personale, ogni giorno cerco motivi sempre nuovi per amare, credere, lottare, impegnarmi e condividere questa avventura con i miei compagni di viaggio: sconosciuti ma uniti a me dal sogno che qualcuno, altrove, ha sognato per noi, rendendoci protagonisti di un film di cui, a volte si può anche perdere qualche battuta, senza però smarrirne mai il senso.»
* I nomi dei detenuti sono di fantasia
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