venerdì 25 gennaio 2013

Considerazioni di Rosa Gargiulo

Incontro del 14 gennaio, 2013 Milano Casa circondariale San Vittore
Rosa Gargiulo scrive dell'incontro con i detenuti (vai QUI per il resoconto)
Entro, e all'inizio non mi rendo ben conto di dove mi trovo.
Nel primo corridoio che attraverso mi sorprende trovare alle pareti scrostate acquerelli e tavole a tempera, realizzate dai detenuti.
Ed ecco arrivare all'improvviso la consapevolezza... sono in un carcere.
Il corridoio non mi sembra tanto diverso da quello di alcune scuole, giù al sud dove vivo...
"Questo posto è tutto tranne una scuola!" tiene a precisare uno dei partecipanti qualche minuto più tardi, quello che i compagni chiamano "Animabella"!
Passo dopo passo entro nel cuore della struttura, sentendo il mio (di cuore) che batte furiosamente, pulsandomi nelle orecchie...
I cancelli si aprono per richiudersi dietro le mie spalle con un'indifferenza sorda, che a me provoca invece un'ansia mista a curiosità.
E poi, ci sono: sesto raggio.
Celle aperte, i detenuti sono fuori per le ore d'aria.
Cammino lungo il corridoio in cui risuonano voci, risate, battute urlate con irriverente divertimento...





Il mio sguardo penetra velocemente nelle celle mentre raggiungo la stanza in cui incontrerò i partecipanti al progetto.
"Claustrofobia" è la prima parola che mi viene in mente, seguita da "disumano"...
il modo in cui si vive qui, e a questo punto credo in tutte le carceri.
La stanza è in realtà poco più grande delle celle intorno, ci sono sedie sistemate in cerchio, pareti spente, la luce grigia di Milano entra a fatica...
Eppure, basta qualche minuto e l'atmosfera cambia completamente: i primi partecipanti arrivano, sorridenti, educati, gli sguardi vivaci e curiosi, la battuta pronta per i volontari che coordinano il progetto e che ormai ben conoscono.
Quello che succede nelle due ore successive è per me una sorpresa e una gioia, un momento fissato ormai nella mente e nel cuore con una forza e una potenza indelebili.
Parole, tante: quelle che ho scritto e che i detenuti ascoltano con grande attenzione; quelle che vengono fuori dalla discussione condotta dal gruppo con intensità ed energia... abbiamo tutti una grande voglia di raccontare, raccontarci, ascoltare, comunicare e condividere!


Ecco, oggi ho sentito che la mia idea di scrittura come condivisione e "ponte" che unisce le persone si è realizzata come mai prima...
Qui, in una cella "promossa" ad aula, tra persone che non riesco a considerare "colpevoli" di nessun reato...

Perché è questa la verità: li guardo negli occhi, ascolto le loro parole, osservo i movimenti, e non penso affatto a loro come a dei delinquenti...
Sento di essere oltre ogni giudizio, non sono qui per questo e neanche mi interessa...
Leggiamo, parliamo, il suono delicato di una chitarra ci accompagna senza sosta...
Quando tutto finisce, quando mi si chiede di salutare con un ultimo piccolo brano, l'emozione e la nostalgia mi stringono la gola: le parole che leggo sovrastano il clangore delle celle che si chiudono, e io soffro pensando (mentre leggo le ultime parole) che quegli uomini seduti intorno a me di lì a pochi minuti dovranno rientrare ed essere rinchiusi.
Vanno via dopo aver salutato con calore, ringraziandomi, ma sono io a dover ringraziare loro: per l'attenzione e l'interesse, per l'intelligenza degli interventi e delle critiche, per gli applausi, gli sguardi attenti, i sorrisi!

Vado via anch'io, sentendomi più ricca e fortunata di quando sono arrivata.
Vado... sapendo già che tornerò...

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