Durante l'incontro del 14 gennaio 2013 con Rosa Gargiulo, Giorgio Cesati Cassin ha ricordato una sua particolare esperienza.
Primi approcci
di Giorgio Cesati CassinRodolfo Vinciguerra prese una saggia decisione; prima di coinvolgere tutta la famiglia, decise di fare il collaudo del Motorpolo della Laika con Asdrubale. Scelse la località più comoda e vicina a casa; il Monte Stella, noto ai milanesi anche come la Montagnetta di San Siro (Montagna de San Sir in dialetto), una collinetta artificiale formata inizialmente con l'accumulo di macerie provocate dai bombardamenti, effettuati dagli Alleati, durante la seconda guerra mondiale e con altro materiale proveniente dalla demolizione degli ultimi tratti dei bastioni, avvenuta dopo il 1945. Alta poche decine di metri, stimolò comunque la fantasia di podisti, corridori, ciclisti e di chiunque pensasse di avere bisogno di un minimo dislivello per allenarsi. Bastarono pochi centimetri di neve, un inverno, perché i pendii della Montagnetta si affollassero di sciatori e di bambini con le slitte, come nella più rinomata delle stazioni alpine.
L’accesa immaginazione di Rodolfo andò ben oltre: come in un miraggio, il piccolo bosco volutamente “selvatico” del Monte Stella, gli apparve mutato in una foresta alpina di conifere sempreverdi, popolata da orsi, scoiattoli e cervi anziché da cani randagi vaganti tra gli aceri, le robinie e i bagolari.
Senza frapporre indugio, guidò il camper per la “strada panoramica” attorno al monte, e ne raggiunse la cima. La giornata splendida e la visibilità favorevole permettevano di godere non solo il panorama della città e dell’ hinterland, ma dell’intero Arco Alpino e, a sud ovest, dell’Appennino emiliano.
Scese dal suo gioiello e lasciò libero Asdrubale di correre.
In preda all’estasi, anziché contemplare quel meraviglioso orizzonte, s’irrigidì di fronte al camper: un motorpolo OM/Iveco, 2500 diesel, provvisto di ruote gemellate, di cinque posti letto, di una stufa con aria canalizzata, di un boiler per l’acqua calda, di un bagno con vano doccia integrato, di un WC nautico e persino di un frigo trivalente.
“Costa molto ?”
Una voce in falsetto, un po’ stridula, lo distolse da quella contemplazione. Si voltò: una piccola zingara, una sudicia nomade, materializzatasi alle sue spalle chissà da dove, lo fissava con i suoi grandi occhi neri, accesi, anche se un po’ cisposi. Istintivamente Rodolfo portò la mano alla tasca posteriore dei pantaloni, tastò: il portafoglio stava sempre al suo posto.
“Dov’è la tua mamma?” chiese.
La bimba fece spallucce; accennò un risolino che scoprì le gengive e i denti affastellati.
“E’ là” rispose.
Indicò un posto imprecisato, poi con capacità espressiva da tempo collaudata, reclinò il capo su una spalla, corrucciò la fronte e allungò la mano.
“Me le dai una moneta?”
Da un mondo sideralmente lontano e caotico, Rodolfo piombò in una realtà viva e impietosa: ne analizzò, con lucidità, il tangibile contrasto.
Mutatosi in un Don Chisciotte che sa benissimo cosa è sogno e cosa è realtà, cercò di viverli entrambi ad occhi aperti. Riportò la mano alla tasca posteriore; con geometrica eleganza, ne estrasse il portafogli.
Avvertì una leggerezza insolita nel porgere alla piccola Dulcinea una banconota. Con lo sguardo la seguì mentre correva via, incredula.
“Ciò che conta” si disse,”è quel che siamo, il nostro rapporto col mondo e col prossimo”.
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