Incontro del 30 dicembre 2013 Milano Casa circondariale San Vittore.
I nuovi Adamo ed Eva di Nathaniel Hawthorne.
Azalen Tomaselli e Simon Pietro De Domenico con le persone detenute.
Oggi la pioggia ha dato tregua alla
città e un tiepido sole riscalda le strade percorse dal traffico. Non ci sono ospiti, viene proposto il
racconto I nuovi Adamo ed Eva di Nathaniel Hawthorne. Azalen legge
poche righe, Simone notando sguardi distratti, chiede ai partecipanti
di raccontare quanto è stato letto. Nessuno ha ascoltato, ognuno ha
i propri pensieri.
La scrittura di Hawthorne è complessa, richiede
concentrazione. Simone invita i partecipanti a sforzarsi di
comprendere il significato di quelle poche righe. Azalen legge il
primo paragrafo. Si cerca di comprenderlo, di sviscerarlo, di
soppesarne le parole, poi si prosegue con il secondo paragrafo.
Adesso i partecipanti sono attenti, interrogati propongono la loro
verità su quanto si è letto.
Proseguendo con questo metodo non si
leggono che poche pagine, ma non importa, quello che conta è
l'approccio diverso al libro, ora si cerca di comprendere il
significato del testo, prima ci si limitava a ascoltare annoiati
parole sconnesse.
Spronati da Simone tutti intervengono e dicono la
propria. Non c'è chi ha ragione né chi ha torto. Tutti colgono
aspetti diversi, osservati da prospettive diverse. Insomma, tutti hanno
vissuti diversi e quindi verità diverse, il libro può anche essere
un mezzo per comprendersi.
"mantenuti nell'ignoranza siamo deboli, incapaci di far valere i nostri diritti. Queste sono le cose pratiche che servono, non la letteratura, quella non serve a capire come gira il mondo, quella non ci rende cittadini migliori".
Simone insiste sull'importanza della letteratura. Sul suo valore,
pratico, quotidiano, di arricchimento. La lettura è una cosa che può
servire nella vita, non un piacere intellettualistico. Ci fa vedere
meglio il mondo, ci rende più consapevoli, più critici. Poi mette
in guardia dal pericolo di considerare i libri come una pausa di
intrattenimento, quasi contrapposti alle cose serie, agli impegni
urgenti che la quotidianità impone. Non si legge soltanto per
conoscere, ma soprattutto per allargare gli orizzonti. Altrimenti
l'orizzonte ha un unico punto fisso che dirige tutte le azioni e le
scelte esistenziali. Azalen insiste sull'importanza di avere un
giudizio critico sulla realtà.
Il racconto di Hawthorne ribalta il
rapporto tra arte e realtà, denunciando quanto di artificiale c'è
in tutti i manufatti e per dimostrare la sua tesi, l'autore immagina che una
Apocalisse abbia spazzato d'un tratto il genere umano e che nuovi
Adamo e Eva si aggirino non più nell'Eden, ma nelle città deserte,
dove è rimasta la traccia dell'opera dell'uomo.
L'effetto straniante
dato dallo sguardo stupito dei nuovi progenitori mette in luce
quanto di falso l'umanità ha edificato nel suo cammino. Dalla moda,
fatua, dalla casa dei ricchi alle povere stamberghe, dalle
biblioteche dove sono custodite migliaia di tomi alle carceri
che danno l'occasione all'autore per
una vibrata denuncia della corruzione e della protervia che si
nasconde dietro ogni forma di potere.
La prigione, come tutta la terra, è ora completamente deserta e ha perso pertanto la sua tetra oscurità. Ma ecco le strette celle, come tombe, solo più tristi ancora, perché qui, insieme al corpo, è stato sepolto lo spirito immortale. Sul muro appaiono delle iscrizioni, scribacchiate a matita o incise con un chiodo arrugginito; brevi parole di agonia, forse, o di disperata sfida nei confronti del mondo o, semplicemente il ricordo di una data con la quale lo scrittore ha cercato disperatamente di stare al passo con la marcia della vita. Non c'è occhio vivente che ora possa decifrare questi memoriali.
Appena usciti dalle mani del loro Creatore, questi nuovi residenti della terra - e i loro discendenti per almeno mille anni - non riusciranno a capire che questo edificio era un ospedale per le più terribili malattie che avevano afflitto i loro predecessori. I suoi pazienti portavano il segno esterno di quella lebbra da cui tutti erano più o meno infetti. Erano infetti - come i più puri dei loro fratelli - dalla piaga del peccato. Una malattia davvero mortale! Sentendo nel petto i sintomi di questa malattia, gli uomini l'hanno nascosta con timore e vergogna, diventando ancora più crudeli solo verso quei malcapitati le cui piaghe pestilenziali erano evidenti agli occhi della gente comune. Niente, se non un ricco abito, avrebbe potuto nascondere la piaga.
Nel corso della vita del mondo per curarla ed estirparla è stato provato ogni rimedio, tranne l'unico, il fiore che nasce in cielo e che era il sovrano di tutte le miserie della terra. L'uomo non ha mai provato a curare il peccato con l'AMORE. Se avesse almeno una volta fatto questo sforzo, sarebbe potuto accadere che non ci fosse stato più bisogno di quel tetro lazzaretto in cui Adamo ed Eva avevano fatto il loro ingresso.
La condanna investe i luoghi
del potere come il palazzo del governo, dove l'uomo ha costituito un
sistema per prevalere sui suoi simile, dimenticando che tutti gli
esseri sono contaminati dal peccato e che nessuno ha il diritto di
ergersi a giudice dei suoi simili.
L'autore poi alla fine di un
giorno di peregrinazioni da luogo a un'altra rappresentazione di Adamo e
Eva, felici di esistere e grati della vita, che guardano con desiderio la
volta stellata che ricopre ciò che è rimasto della vecchia umanità.
Il racconto non è stato letto, ma Gio, al termine dell'animata
discussione commenta: quante riflessioni che si possono fare su poche
righe di un libro!
I saluti concludono l'incontro.
«E non importa dove saremo - risponde Eva - perché saremo sempre insieme»
* I nomi dei detenuti sono di fantasia
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