Incontro del 13 gennaio 2013 Milano Casa circondariale San Vittore.
Giorgio Cesati presenta la sua ultima fatica letteraria e propone di completarla con le persone detenute.
Azalen Tomaselli, Giorgio Cesati Cassin e Simon Pietro De Domenico con le persone detenute.
Chiarito l'incipit del terzo episodio, racconta come gli sia cresciuta dentro la passione per lo scrivere: “Dopo il pensionamento del '98, la scrittura è divenuta il luogo nel quale la fantasia poteva entrare con impeto e mi faceva uscire dalla realtà, spesso penosa”. Nel parlare della scrittura mostra compiaciuto l'ultima fatica letteraria, spiegando che si tratta di un testo satirico su un personaggio che sapeva trasformarsi.
Il protagonista, Metamorfo è infatti un mutante che prende nel secondo episodio di questa progettata trilogia il nome allusivo di Metafisto e che nell'ultimo episodio si chiamerà Metacristo, con allusione alle Metamorfosi di Ovidio, al Faust di Goethe e infine al Conte di Montecristo di Dumas. Qualche partecipante domanda interdetto se il personaggio piombi proprio a San Vittore, e all'assenso di Giorgio, si dichiara disposto a interagire con lui.
Giorgio racconta come l'intreccio gli sia balenato, senza un piano o un'idea definiti, avendo trovato soltanto in corso d'opera il filo della matassa. Le osservazioni sulla composizione di un romanzo si confondono, nelle sue parole, con frammenti di storia personale, dando la ricetta della scrittura di Giorgio Cesati Cassin, fatta di vari ingredienti: dal senso di solitudine, sebbene sia padre di ben quattro figli e abbia una moglie che però lavora, al gatto, suo affezionato interlocutore in giornate un po' vuote, al decisivo elemento catartico… la fuga dalla noia per mettere le ali alla fantasia.
Ricorda a questo proposito l'astronave che da bambino immaginava di pilotare per viaggiare in cerca di mirabolanti avventure, descritta nel suo romanzo Il fumo dagli occhi. Poi accenna a Giuseppe Pontiggia che aveva ravvisato in lui doti di scrittore autentico, ma non trascura di citare il potere taumaturgico della scrittura, connesso alla comunicazione e al dialogo con il lettore. Accenna al blog di Liberante che fa conoscere e porta all'esterno i pensieri e le opinioni delle persone che partecipano al gruppo.
Un partecipante intravede nelle parole di Giorgio il bisogno di esprimere un proprio talento, una propria predisposizione. Tra i sorrisi dei presenti parla della sua passione per il canto (con cui delizia i suoi malcapitati coinquilini). Questo gli offre lo spunto per fare un confronto tra sé e il padre (più bravo tecnicamente), il quale gli aveva trasmesso la voglia di cantare. Giorgio gli fa eco: “Mio padre mi ha riempito la testa di note e anch'io strimpello!”
Poi il discorso scivola sui ricordi d'infanzia, quando lo stesso partecipante nota che Giorgio assomiglia a suo nonno, un personaggio influente e severo che lo chiudeva nello sgabuzzino per un'ora quando ne combinava una delle sue. Sono disidentico, lo rimbecca Giorgio. “Come i commercianti”. Replica l'altro, scherzosamente. “La vita è più dura fuori che dentro, però fraternizzo facilmente”, dichiara ancora Giorgio mettendosi immaginariamente nei panni dei detenuti che vivono condizioni di non facile convivenza...
Gio che ha ascoltato assorto, ricorda le punizioni subite dalla maestra che bastonava lui e i suoi compagni con una riga di legno. Giorgio invece assicura che a lui il collegio non aveva procurato traumi, avendolo anzi salvato dal rigore del padre, a sua volta "educato con il frustino dalla terribile nonna austriaca...” Riflettendo su se stesso, e sulla sua indole irrequieta e ribelle un partecipante ammette ”Non conosco il grigio”.
Il tema delle punizioni è associato alla galera e in prospettiva alle incognite della riconquistata libertà anche a seguito dei pregiudizi che non permettono un ritorno alla vita normale. Simone avverte che non bisogna cadere nel buonismo perché il problema è pratico e accenna alla necessità di interventi prima della fine della pena, nell'ambito dell'occupazione, interpellando anche imprese disposte a assumere e a seguire le persone detenute.
Qualcuno a proposito dei sistemi educativi del passato, rileva l'importanza di avere delle regole osservando come oggi manchi nella nostra società questo tipo di consapevolezza. Si fa il paragone con altre realtà attraverso le esperienze di alcuni partecipanti che denunciano il lassismo attuale.
Le ultime parole sono quelle di un detenuto che osserva: “Trasuda molto dolore da queste mura, non puoi abbassare la guardia qui, devi tenerla molto alta, per rispetto delle persone che ti vogliono bene”
Sono parole tristi ma i saluti e le strette di mano fanno spuntare qualche sorriso.
* I nomi dei detenuti sono di fantasia
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