domenica 16 marzo 2014

Il significato della parola compagno

Incontro del 24 febbraio 2014 Milano Casa circondariale San Vittore. 
Qual è il vero significato della parola "compagno"?
Leandro Gennari e Azalen Tomaselli con le persone detenute.
Oggi è una bella giornata di sole per le strade non si vedono più ombrelli aperti e gente che si affretta sotto la pioggia, eseguendo slalom tra le pozze d'acqua e imprecando contro i getti d'acqua provocati dalle vetture in corsa. Azalen si ritrova con Leandro Gennari e insieme varcano il grande portone di San Vittore. 

Al Sesto secondo nuovi partecipanti arrivano alla spicciolata e dopo una breve presentazione del Libroforum si siedono curiosi di capire che cosa si faccia riuniti in un'aula cella, senza nient'altro che un libro o qualche foglio su cui annotare le loro parole.
Azalen legge il resoconto dell'ultimo incontro. Al termine, Leandro Gennari osserva di essere stato colpito dalla parola “compagno”, rilevando come si presti a moltissime interpretazioni. Fin da quando bambino chiami così, precisa, chi siede nello stesso banco o va nella stessa scuola o il vicino di casa e poi quando diventi una persona adulta e ragionevole usi la stessa parola per il tuo convivente, per il marito o per la moglie e è l'amore come sentimento che giustifica l'uso della stessa parola. E ancora la usi quando è in gioco un atteggiamento di carattere politico per denotare una parte politica e circoscrivere gli altri con il criterio negativo di chi non appartiene alla tua ideologia partitica, per tracciare dei confini o delle barriere. E in questo caso, assume un significato opposto a quello iniziale dell'amore e dell'amicizia. 

Gennari continua questa sua riflessione sostenendo che il vivere è condizionato dal comportamento quotidiano, e chiede: “Per voi che vivete un momento difficile la colpa è veramente vostra o di qualcun altro?” 

Per lui la chiave di tutto risiede nello riuscire a essere obiettivi con se stessi. Sollecita l'uditorio, che segue le sue riflessioni, a esprimersi sulla parola compagno esponendo se per loro racchiuda il senso di un rapporto positivo o di sventura. 

Luigi interviene con la sua interpretazione della parola: “Quello che ti segue e che ti vede", poi parla delle sue condizioni attuali “Siamo tre concellini e cerchiamo di vivere con armonia per andare avanti, senza essere pesanti anche se ci sono cose su cui non andiamo d'accordo. Un compagno è anche un giudice senza condanna che mette di fronte alla scelta di continuare la vita in un modo o di cambiare strada”.

La parola giudice accende il dibattito, infatti per alcuni partecipanti il giudizio esula da ogni possibile significato della parola compagno. Luigi replica che anche un padre giudica il figlio, valorizzando il giudizio come un mezzo per regolare tutti i rapporti umani, compresi quelli affettivi. 

Baker cerca di mediare tra opinioni molto distanti e spiega che il giudice o l'arbitro interviene per dirimere le controversie tra parti avverse, per trovare una soluzione. Lele replica che l'elemento del giudizio inquina l'amicizia, sostenendo che il padre non giudica il figlio, ma lo guida e lo aiuta. 

Jonhatan a questo punto propone una diversa accezione di compagno, inteso come quella persona alla quale confidi i segreti, il consigliere, di cui senti la mancanza e senza barriere di età.

Gennari conferma che il compagno vero è quello che ha un rapporto diverso, che è capace di consigliare e di sgridare quando si accorge che stai sbagliando. 

Azalen chiede ai partecipanti di definire in breve la parola “compagno” Carlo, invitato a parlare, si scusa perché è preso da pensieri, ma che ascolta quello che dicono gli altri. A turno ognuno espone la propria idea: complicità, armonia, rispetto, assenza di ogni atteggiamento giudicante sono gli ingredienti che compongono il senso pieno della parola. 

Lele accenna ai pregiudizi e rivolgendosi a uno del gruppo, racconta di avere imparato a conoscere alcune persone e a apprezzarle, uscendo da certi schemi che lo portavano a incasellare le persone a priori. Renata sostiene che è tutto legato al rispetto e che non si può prescindere da una forma rispettosa nel muovere critiche. 

Gennari di rimando alle sue osservazioni soggiunge: ”Chi riceve una critica deve meditare se chi l'ha mossa è stato sospinto dalla cattiveria o dal volere migliorare la posizione dell'altro. L'amico sostiene, combatte e partecipa alle scelte”. Renata insiste sulla impossibilità di potere giudicare, senza incorrere in errori di valutazione, perché c'è un mistero..” Baker invece si sofferma sul valore della libertà e sostiene che nessuno è autorizzato a dire “tu devi”. Leandro Gennari concorda: “Spesso tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato c'una piccolissima differenza...

Renata ritorna sul tema del giudizio connetendolo al potere: "Il giudice ha il potere di governare la tua vita”, poi rispondendo a Lele commenta: "Prima non mi conosceva e mi giudicava male” Ma Lele rincara la dose osservando: “Prima non ti guardavo”.

Vera che è rimasta silenziosa conclude: “Basta sapere dialogare”. Su queste sue ultime parole, l'incontro si conclude tra saluti e strette di mano.


* I nomi dei detenuti sono di fantasia 

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