Incontro del 26 maggio 2014 Milano Casa circondariale San Vittore.
Alberto Figliolia e Margherita Lazzati presentano l'Haiga.
Alberto Figliolia, Margherita Lazzati, Azalen Tomaselli, Giorgio Cesati Cassin, Leandro Gennari e Simon Pietro De Domenico con le persone detenute.
Dopo uno scambio di saluti, il gruppo varca il portone per giungere al sesto secondo. Qui l’aula è desolatamente semivuota, complici la bella giornata, la malattia, i colloqui e altro.
Si avvia l’incontro come da copione con la rituale lettura del resoconto, poi la parola passa agli ospiti. Alberto Figliolia presenta i due laboratori: di scrittura di Opera e il laboratorio di poesia di Bollate.
Simone accenna alla opportunità di costruire una rete tra le varie realtà, con l’approvazione di Alberto che precisa: “per dare più voce e più forza a chi sta dentro le mura”. Però - soggiunge – si nota un’aria nuova, perché molte iniziative hanno ultimamente ricevuto attenzione a livello istituzionale e sono state riconosciute utili.
Dopo Alberto è Margherita, a raccontare il suo lavoro di fotografa ispirato alle poesie composte nel laboratorio di poesia al quale partecipa insieme a Silvana Ceruti e allo stesso Alberto.
Dalla felice convergenza di poesia e fotografia “Haiga” che vanta una lunga tradizione, è nato il libro, che mostra con orgoglio, edito da Vita Felice, in cui si alternano poesie, immagini, racconti visivi e atmosfere in una magica corrispondenza di segni.
Alberto Figliolia spiega al piccolo gruppo che cosa sia un Haiku, un brevissimo componimento poetico di ispirazione zen, (ha origini popolari e antichissime nel Giappone del 17° secolo) e Invita i partecipanti a cimentarsi in questo tipo di versi (tre frasi poetiche, nell’ordine di 7, 5 e 7 sillabe) per fermare un’emozione, l’impressione di un momento, un’ immagine della natura condensata in poche parole semplici e essenziali.
Stagno antico/una rana si tuffa/ Rumore dell’acqua. Erba d’estate/ tutto quello che rimane/ dei sogni dei guerrieri.
Poi gli ospiti parlano di Giuseppe Cornovale, uno dei poeti del laboratorio, raccontando di come si sia scoperto per caso un vero talento, la poesia è più potente della cronaca, conclude Alberto e a Simone che gli chiede quali siano le procedure per pubblicare gli scritti delle persone detenute, ribadisce: “Non si può censurare, tarpare le ali, perché la pena non è una castrazione della personalità!”.
Margherita parla all’uditorio della mostra allestita con le cartoline del carcere di Opera, unite ai commenti delle persone detenute, raccontando di essersi scoperta dislessica e di avere scelto come mezzo espressivo la foto, creandosi un archivio enorme di immagini.
La conversazione scorre un po’ liberamente intercalata dalla lettura di versi, come quelli intitolati: Chi sono io di Cornovale che offre a Giorgio Cesati Cassin lo spunto per parlare della disidentità. “Uno pensa che è uguale a se stesso e non pensa che possano albergare dentro di lui tante identità!” spiega, richiamandosi al verbo conversazionalista.
La conversazione scorre un po’ liberamente intercalata dalla lettura di versi, come quelli intitolati: Chi sono io di Cornovale che offre a Giorgio Cesati Cassin lo spunto per parlare della disidentità. “Uno pensa che è uguale a se stesso e non pensa che possano albergare dentro di lui tante identità!” spiega, richiamandosi al verbo conversazionalista.
Azalen, per coinvolgere i partecipanti chiede quale sia l’utilità della poesia.
Jerry risponde: “Io scrivo altre cose, ma sono soprattutto polemico”.
Per John la poesia è un momento di sollievo, perché aiuta a tirare fuori le emozioni. Michele dice che la poesia aiuta a esprimere i sentimenti, la paura, la vergogna di dire agli altri, e allude al fatto di essersi chiusa in se stessa, diventando adulta.
Jerry conferma che ha un carattere solitario e che passa tante ore in solitudine. Alberto parla dei rapper e della cultura hip hop e del diffondersi degli spoken poetry. Insomma, l’incontro si conclude all’insegna della poesia piccola e grande, e con la persuasione che essa non sia un inutile orpello per intellettuali raffinati ma un essenziale strumento di conoscenza di sé e del mondo.
* I nomi dei detenuti sono di fantasia
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