lunedì 16 giugno 2014

Haiga

Incontro del 26 maggio 2014 Milano Casa circondariale San Vittore. 
Alberto Figliolia e Margherita Lazzati presentano l'Haiga.
Alberto Figliolia, Margherita Lazzati, Azalen Tomaselli, Giorgio Cesati Cassin, Leandro Gennari Simon Pietro De Domenico con le persone detenute.
Oggi un bel cielo terso s’inarca su Milano. Nell’aria tiepida c’è un pulviscolo di polline e di inebrianti fragranze primaverili. A piazza Filangieri, Azalen e Simone e Giorgio Cesati Cassin scorgono Alberto Figliolia, giornalista, poeta e scrittore (che ha già partecipato a più incontri del Libroforum: 01/08/11, 18/07/1120/05/13) e la fotografa Margherita Lazzati

Dopo uno scambio di saluti, il gruppo varca il portone per giungere al sesto secondo. Qui l’aula è desolatamente semivuota, complici la bella giornata, la malattia, i colloqui e altro. 

Si avvia l’incontro come da copione con la rituale lettura del resoconto, poi la parola passa agli ospiti. Alberto Figliolia presenta i due laboratori: di scrittura di Opera e il laboratorio di poesia di Bollate. 

Simone accenna alla opportunità di costruire una rete tra le varie realtà, con l’approvazione di Alberto che precisa: “per dare più voce e più forza a chi sta dentro le mura”. Però - soggiunge – si nota un’aria nuova, perché molte iniziative hanno ultimamente ricevuto attenzione a livello istituzionale e sono state riconosciute utili. 

Dopo Alberto è Margherita, a raccontare il suo lavoro di fotografa ispirato alle poesie composte nel laboratorio di poesia al quale partecipa insieme a Silvana Ceruti e allo stesso Alberto. 

Dalla felice convergenza di poesia e fotografia “Haiga” che vanta una lunga tradizione, è nato il libro, che mostra con orgoglio, edito da Vita Felice, in cui si alternano poesie, immagini, racconti visivi e atmosfere in una magica corrispondenza di segni. 

Alberto Figliolia spiega al piccolo gruppo che cosa sia un Haiku, un brevissimo componimento poetico di ispirazione zen, (ha origini popolari e antichissime nel Giappone del 17° secolo) e Invita i partecipanti a cimentarsi in questo tipo di versi (tre frasi poetiche, nell’ordine di 7, 5 e 7 sillabe) per fermare un’emozione, l’impressione di un momento, un’ immagine della natura condensata in poche parole semplici e essenziali. 

E cita un esempio del maestro Matsuo Bashō e di altri esponenti: 
Stagno antico/una rana si tuffa/ Rumore dell’acqua. Erba d’estate/ tutto quello che rimane/ dei sogni dei guerrieri. 

Poi gli ospiti parlano di Giuseppe Cornovale, uno dei poeti del laboratorio, raccontando di come si sia scoperto per caso un vero talento, la poesia è più potente della cronaca, conclude Alberto e a Simone che gli chiede quali siano le procedure per pubblicare gli scritti delle persone detenute, ribadisce: “Non si può censurare, tarpare le ali, perché la pena non è una castrazione della personalità!”. 

Margherita parla all’uditorio della mostra allestita con le cartoline del carcere di Opera, unite ai commenti delle persone detenute, raccontando di essersi scoperta dislessica e di avere scelto come mezzo espressivo la foto, creandosi un archivio enorme di immagini.

La conversazione scorre un po’ liberamente intercalata dalla lettura di versi, come quelli intitolati: Chi sono io di Cornovale che offre a Giorgio Cesati Cassin lo spunto per parlare della disidentità. “Uno pensa che è uguale a se stesso e non pensa che possano albergare dentro di lui tante identità!” spiega, richiamandosi al verbo conversazionalista. 

Azalen, per coinvolgere i partecipanti chiede quale sia l’utilità della poesia. 

Jerry risponde: “Io scrivo altre cose, ma sono soprattutto polemico”. 
Per John la poesia è un momento di sollievo, perché aiuta a tirare fuori le emozioni. Michele dice che la poesia aiuta a esprimere i sentimenti, la paura, la vergogna di dire agli altri, e allude al fatto di essersi chiusa in se stessa, diventando adulta. 

Jerry conferma che ha un carattere solitario e che passa tante ore in solitudine. Alberto parla dei rapper e della cultura hip hop e del diffondersi degli spoken poetry. Insomma, l’incontro si conclude all’insegna della poesia piccola e grande, e con la persuasione che essa non sia un inutile orpello per intellettuali raffinati ma un essenziale strumento di conoscenza di sé e del mondo.

* I nomi dei detenuti sono di fantasia

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