Incontro del 6 ottobre 2014 Milano Casa circondariale San Vittore.
La risposta sembrerebbe scontata, ma il dibattito si fa animato tra chi preferisce il carcere, chi i domiciliari.
Azalen Tomaselli, Iginia Busisi Scaglia e Simon Pietro De Domenico con le persone detenute.
Il piccolo gruppo si avvia, ma prima di varcare il portone Azalen chiama, non vedendolo spuntare, Leandro Gennari il quale le spiega che non potrà partecipare per un impegno sopraggiunto. Mentre Iginia è fermata al controllo, perché non si trova l’autorizzazione, Azalen si avvia al sesto per far avvertire i partecipanti.
Dopo pochi minuti, l’acquario, la stanza così chiamata perché delimitata da pareti a vetro, si riempie. Nell’attesa Max chiede notizia del suo articolo e parla della sua esperienza di giornalista pubblicista rievocando i tempi in cui esisteva il servizio fuorisacco. Quando i giornali lottavano contro il tempo (di Internet nemmeno l’ombra) e gli articoli giornalistici o le foto, chiusi dentro una lettera con una vistosa iscrizione “FUORI SACCO” venivano direttamente portati alla stazione ferroviaria per essere recapitati il più velocemente possibile dove un incaricato per il ritiro li passava alla redazione del giornale.
Giovanni parla di un vecchio amico del Libroforum che si è aggravato e è stato trasferito all’ospedale Niguarda. L’arrivo di Simone e di Iginia mette fine allo scambio informale e come ormai di rito Azalen legge il resoconto dando infine la parola all’ospite. Iginia esordisce precisando:
“Non aspettatevi di trovare Dante Alighieri, ma delle cose piccole" e poi prosegue: “Non nella avventura si realizza l’uomo, ma nella vita semplice”. Ma le parole poetiche sono le più consone a far capire il suo animo e legge la lirica intitolata Acquario.
Improvvisamente i partecipanti cominciano a discutere animatamente, un partecipante del Libroforum dopo che gli sono stati concessi i domiciliari ha fatto richiesta per tornare a San Vittore, altri detenuti gli rimproverano di aver sprecato un'opportunità per la quale avrebbero fatto carte false.
Improvvisamente i partecipanti cominciano a discutere animatamente, un partecipante del Libroforum dopo che gli sono stati concessi i domiciliari ha fatto richiesta per tornare a San Vittore, altri detenuti gli rimproverano di aver sprecato un'opportunità per la quale avrebbero fatto carte false.
Uno di loro asserisce: “molti di noi potrebbero andare ai domiciliari, ma per colpa di alcuni che non si comportano come dovrebbero, non ci viene dato l'affidamento.”
Saul però non sembra essere d'accordo: “I domiciliari sono peggio del carcere”, un altro gli fa eco: “io preferirei stare con mio figlio che qua dentro.”
Simone interviene per sedare il confronto - che sta divenendo sempre più acceso - tra le parti: chi auspica i domiciliari e chi ritiene preferibile la normale pena detentiva (un gruppo più esiguo).
Fa notare che le situazioni vissute dai detenuti sono molto diverse e che non è possibile fare confronti. C'è chi vive in contesti familiari molto difficili, o chi, magari perché straniero, non ha nessuno in Italia, “Per loro” dice, “può essere comprensibilmente preferibile il carcere a una vita piena di restrizioni fuori, non tutti hanno affetti che li aspettano a casa.”
Iginia in accordo aggiunge: “Ognuno di voi ha una sua storia, nasce come una lavagna pulita, che pian piano va riempiendosi di scritte, schizzi, disegni, non esiste una lavagna uguale all'altra”
Poi Simone introduce il tema delle città invisibili, (Per progetto Città Invisibili, vedi QUI) fa riferimento alla sua città Idema, la città di massa, letta durante un incontro precedente (Vedi QUI) a cui lui non aveva potuto partecipare e erroneamente attribuita a una detenuta del femminile da Azalen.
La città non era stata particolarmente apprezzata dai partecipanti del Libroforum e ancora adesso alcuni detenuti commentano che il testo è angosciante. Romero sostiene addirittura di essere stato male una volta tornato in cella.
Simone resta stupito dell'effetto suscitato dalla sua città e dopo un breve confronto con i partecipanti in cui spiega il significato del suo testo, invita Iginia a leggere la sua Algida, città di ghiaccio. Il testo di Iginia raccoglie approvazione.
Simone resta stupito dell'effetto suscitato dalla sua città e dopo un breve confronto con i partecipanti in cui spiega il significato del suo testo, invita Iginia a leggere la sua Algida, città di ghiaccio. Il testo di Iginia raccoglie approvazione.
Un primo partecipante domanda perché questa città è di ghiaccio, Iginia risponde: “Perché non ci sono emozioni”. Simone è rimasto colpito da un breve passaggio in cui Iginia scrive che l'arido paesaggio della città interferisce con la natura delle persone. E domanda ai partecipanti del Libroforum se ritengono che il contesto carcerario sia in grado di interferire con la loro natura.
Robert risponde: “Il carcere inaridisce i tuoi pensieri” un'altra voce aggiunge: “Il carcere gela il cuore”. Max propone: “Forse il carcere cambia perché cambiare è l'unico modo per sopravvivere qua dentro”.
Iginia soggiunge: “Qui bisogna stare tranquilli e non farsi notare”, Jean precisa: “Qui si diventa freddi” e Max ancora: “Si diventa egoisti, quello che abbiamo non lo cediamo” e infine Saul: “Diventiamo rassegnati”.
Qualcuno fa riferimento alle terapie farmacologiche di antidepressivi, anche quelle cambiano la natura di alcuni detenuti, “Alcuni sembrano degli zombie” dice un detenuto.
Un partecipante confida: “Prima di finire qui dentro, andavo alla Caritas per mangiare, avevo perso tutto. San Vittore è come un limbo protetto. Fuori non hai niente.”
La conclusione dell'incontro è dedicata a quel partecipante del Libroforum ricoverato in ospedale a cui si rivolgono i pensieri del gruppo.
Robert risponde: “Il carcere inaridisce i tuoi pensieri” un'altra voce aggiunge: “Il carcere gela il cuore”. Max propone: “Forse il carcere cambia perché cambiare è l'unico modo per sopravvivere qua dentro”.
Iginia soggiunge: “Qui bisogna stare tranquilli e non farsi notare”, Jean precisa: “Qui si diventa freddi” e Max ancora: “Si diventa egoisti, quello che abbiamo non lo cediamo” e infine Saul: “Diventiamo rassegnati”.
Qualcuno fa riferimento alle terapie farmacologiche di antidepressivi, anche quelle cambiano la natura di alcuni detenuti, “Alcuni sembrano degli zombie” dice un detenuto.
Un partecipante confida: “Prima di finire qui dentro, andavo alla Caritas per mangiare, avevo perso tutto. San Vittore è come un limbo protetto. Fuori non hai niente.”
La conclusione dell'incontro è dedicata a quel partecipante del Libroforum ricoverato in ospedale a cui si rivolgono i pensieri del gruppo.
* I nomi dei detenuti sono di fantasia
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