mercoledì 10 dicembre 2014

Bullismo e tautologie inconcludenti

Incontro del 20 novembre 2014 Milano Casa circondariale San Vittore. 

Bullismo e tautologie inconcludenti da Vittime e carnefici.
Azalen Tomaselli,Giorgio Cesati, Leandro Gennari, Iginia BusisiSimon Pietro De Domenico con le persone detenute.
Rebecca of Sunnybrook Farm, Film (1903)

Bullismo (etimologia): Il termine bullismo deriva dall'inglese “bullyng” che interpreta in modo efficace quella situazione relazionale in cui, contemporaneamente, qualcuno prevarica e qualcun altro è prevaricato. (Fonte: psico-logos.it)

Bullismo (significato): Treccani

Oggi Milano è avvolta da una coltre piovosa, Azalen, Simone e Giorgio si ritrovano al bar e insieme varcano il portone di San Vittore. Ci sono alcuni nuovi partecipanti e Simone spiega come si svolgono gli incontri, poi si fa un giro di presentazione e si dà l’avvio con la lettura rituale del resoconto. Qualche commento sottolinea alcuni passaggi e Adam invita a esprimere le idee alla fine, per favorire il compito di Simone. 

Qualcuno dei presenti non parla l’italiano, qualcun altro lo comprende ma non ha ancora imparato a parlarlo. Un partecipante si stupisce quando sente di persone detenute che hanno rifiutato i domiciliari, un altro sentenzia: "la vita è una bilancia, tutto quello che va su, poi va giù"

La lettura del resoconto precedente sulla libertà (Vedi QUI), stimola numerose riflessioni. Non c’è modo di chiarire questo concetto "La libertà non è fare quello che si vuole", si chiarisce ma aderire a dei valori.. "Il carcere fa perdere la dignità e la fede", dice Adam. 

Simone risponde: "Uno ti può trattare male ma tu la dignità la mantieni". Azalen propone un brano sul bullismo, chiarendo che molti ragazzi bulli poi intraprendono una carriera criminale. 

Il titolo è allusivo: Bullismo e tautologie inconcludenti e è tratto da: Vittime e carnefici tutti intorno stanno gli indifferenti, una raccolta di riflessioni del detenuto scrittore Vincenzo Vandraous

Viene chiesto il significato della parola tautologie, termine che deriva dal greco: tautos ­ ­logos e connota un discorso ripetitivo e inconcludente. Letteralmente significa stesso discorso, cioè quando il predicato ripete ciò che è espresso nel soggetto. 

Insomma l’autore condanna la circolarità viziosa con cui si affrontano certi argomenti, le parole sono taglienti, per fotografare una realtà che non suscita più reazioni ma una indifferente assuefazione a un dato di fatto. 

Episodi di bullismo messi in atto dal branco che opprime il singolo, protetti dall’omertà generale, una dimensione di imbecillità con la patente a punti di bravi ragazzi. 

Sandro osserva: "ai miei tempi chi non seguiva la lezione, chi disturbava era emarginato, oggi il rapporto è cambiato"

Non è più il ragazzo con problemi a essere additato come diverso e a adottare violenza e trasgressione per diventare a suo modo protagonista, sia pure con il segno negativo, oggi c’è un gruppo che si relaziona per scontrarsi in attesa del botto finale, nella totale inadeguatezza di educatori convinti di potere educare gli altri senza educare se stessi. 

L’autore insiste sulla contrapposizione tra il bullo di ieri, vittima perduta in tragedie irripetibili, la strada il carcere, e il gruppo di oggi che si organizza attorno a un occulto regista di vigliaccate ai danni della vittima prescelta. Lo fa per dissuadere i bulli di oggi, mimetizzati dietro la parvenza di bravi ragazzi e dietro il codazzo di codardi che li coprono ignorando il più debole, designato come bersaglio.

Ma L’autore punta il dito soprattutto contro il disamore adulto che consente questi comportamenti giudicandoli bravate, assolvendo quello che andrebbe corretto. 

Alex concorda che il capo branco si nasconde dietro gli altri e Ibra dice: "Il bullo è il capo dei capi, quello che comanda"

Giorgio risponde che il bullo è un infelice, è un poveraccio, è una persona che ha sofferto e mette in atto certi atteggiamenti per attirare l’attenzione dei propri genitori. 

Giovanni replica che il giustificazionismo verso i bulli è controproducente e parla della sua esperienza nelle scuole dove cercava di fare riflettere i prepotenti su quello che fanno ai compagni, "capisci che stai facendo del male?

Azalen chiede ai partecipanti di parlare della loro esperienza a scuola e con i coetanei, mentre Simone invita alcuni, intenti a uscire e a entrare, a evitare di disturbare, Azalen ammette che la difficoltà di capire rende difficile il rimanere nel gruppo, ma sottolinea che ascoltando i partecipanti colgono l’opportunità di migliorare l’italiano e possono intervenire, ribadisce di essere contenta della loro presenza ma che deve rispettare anche chi vuole dialogare. 

Paula parla della sua infanzia e del padre che la puniva usando le bacchette, nella sua famiglia numerosa, due degli otto figli sono gay. Alla domanda di Azalen riguardo all’età in cui ha scoperto il suo orientamento sessuale, risponde: "a otto anni, ma i miei familiari mi hanno protetto"

Ibra a questo punto esclama: "la giustizia è fatta per i poveri", lanciandosi in una requisitoria che mette sullo stesso piano Berlusconi, accusato nel processo Ruby di induzione e prostituzione minorile e Michele Misseri che si è autoaccusato dell’omicidio di Sarah Scazzi, la quindicenne di Avetrana, il quale ha fatto ritrovare il corpo della ragazzina. "Nessuno dei due è in galera", esclama. 

Simone vorrebbe richiamare all’argomento, ma Azalen che ha dato la parola a Ibra commenta: "Siamo qui per comprendere che il male non bisogna farlo, e si parla di chi non viene punito in base a una discriminazione economica?" 

E’ difficile riportare la conversazione nell’alveo, ma Simone parlando del bullo osserva che è vittima di se stesso, poi critica la tendenza a bollare con questa etichetta molte azioni con una nevrosi collettiva indirizzata a punire e a identificare tutto ciò che si discosta dagli standard. 

"In passato", prosegue, "i ragazzi facevano le loro esperienze e risolvevano i loro conflitti e le loro beghe senza l’interventismo degli adulti. C’è una protezione eccessiva, i ragazzi non imparano sul campo a convivere con i coetanei, si insegna la paura"

Giovanni sottolinea la pericolosità di certi scherzi o giochi crudeli che possono degenerare, e spesso sono dettati dalla necessità mimetica di aggregazione. 

A causa delle interruzioni che hanno sfilacciato il dialogo, la conversazione si perde in molti rivoli. 

Infine Simone parla del progetto su Le città invisibili (Vedi QUI) leggendo il testo scritto da Renata, la sua città giardino, offre un’immagine inedita del carcere, che suscita scetticismo. 

I saluti concludono l’incontro.

* I nomi dei detenuti sono di fantasia

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