mercoledì 8 luglio 2015

Il potere della mente

Incontro del 26 marzo 2015 Milano Casa circondariale San Vittore. 

Come la mente può indurre l'auto guarigione.
Azalen Tomaselli, Leandro Gennari, Iginia Busisi, Giorgio Cesati Simon P. De Domenico con le persone detenute.

Guarigione dello storpio e resurrezione di Tabita - Masolino da Panicale
Oggi al Libroforum Leandro, Iginia, Giorgio, Simone e Azalen ripropongono il tema della guarigione, affrontato con Erika Poli. 

Lo spunto nasce dalla lettura del resoconto che come di consueto ripropone l’argomento dell’incontro precedente. Simone per illustrare certi meccanismi non regolati dalla ragione cita Le affinità intellettive di W. Goethe, raccontando in breve la trama e spiegando come il titolo del romanzo (pubblicato nel 1809) derivi dall’analogia tra la passione amorosa e le affinità di alcuni composti chimici che tendono a legarsi con alcune sostanze a scapito di altre. 

Una matura coppia (Edoardo e Carlotta) vive dedicando la propria pacata esistenza alla cura di una tenuta, circondata da un grande parco. I due coniugi conducono un’esistenza tranquilla e priva di ombre fino al giorno in cui arrivano altri due personaggi che turbano l’equilibrio del loro sereno menage. 

Una forza fatale e incoercibile spinge, infatti, Il marito a arrendersi alla passione per la giovane Ottilia (figlia adottiva di Carlotta), mentre, con un comportamento opposto, la moglie lotta contro l’attrazione che avverte per il Capitano (amico del marito e ospite della villa) e, facendo appello al suo autocontrollo, si rifiuta di ricambiarne l’amore. 

Questo crea forte sofferenza in tutti e quattro i protagonisti della storia e un finale tragico. Dalla riprova dell’esistenza di forze che noi non conosciamo e che agiscono sul nostro corpo e sulle nostre azioni. 

Queste forze possono essere controllate solo con la forza mentale.

Simone parla del potere della mente in parte sconosciuto e dotato di potenzialità connesse a dei meccanismi di autoguarigione, portando l’esempio di un signore che essendosi ammalato di un tumore e non avendo una lunga aspettativa di vita, invece di sottoporsi a cure mediche, era andato a vivere da solo in una casetta di montagna. 

Qui aveva deciso di passare il tempo guardando gli slapstick comedy. Trascorre un periodo ridendo come un matto e quando torna per i controlli, in ospedale gli dicono che è guarito.

venerdì 22 maggio 2015

Erica Poli presenta il suo libro Anatomia della guarigione

Incontro del 19 marzo 2015 Milano Casa circondariale San Vittore. 

Erica Poli presenta il suo libro Anatomia della guarigione.
Erica Poli, Azalen TomaselliLeandro Gennari Iginia Busisi Scaglia con le persone detenute.

La guarigione del paralitico - Bartolomé Esteban Pérez Murillo (1674)


Oggi l’aria primaverile si avverte e invita a prendere il primo sole. Al Libroforum l’effetto si nota nella defezioni di alcuni partecipanti andati all’aria. 

Leandro Gennari e Azalen presentano l’ospite: Erica Poli, psichiatra, psicoterapeuta e autrice del libro Anatomia della guarigione Anima Edizioni. Il dibattito si accende quasi subito con posizioni antitetiche lasciando l’uditorio a assistere a dei veri e propri duelli verbali dopo che l’ospite ha raccontato le curiose coincidenze che hanno indirizzato la sua vita verso una professione scientifica. 

Un incidente al ginocchio durante uno spettacolo di danza le ha permesso di uscire da una condizione di dubbio riguardo alla direzione da imprimere alla propria vita: “Ci sono eventi che sono come domande, osserva, e ci vuole molto tempo per aspettare la risposta e alla fine ti arriva la lezione”. 

Il dilemma tra scegliere la danza o la medicina nel suo caso si è dissolto con la diagnosi del medico che le ha detto che non avrebbe più potuto fare danza in modo professionale. Da lì è arrivata la svolta e Erica si è appassionata allo studio del rapporto tra la mente e il soma, cercando di capire “perché ci sono persone che non si ammalano, che guariscono in maniera inspiegabile, io ero attratta da questi aspetti” confida. 

Punti di vista sul tradimento

Incontro del 12 febbraio 2015 Milano Casa circondariale San Vittore. 

Prosegue la discussione sul tradimento.
Azalen Tomaselli, Leandro Gennari, Iginia Busisi Simon P. De Domenico con le persone detenute.


Resoconto di Iginia Busisi Scaglia


Oggi, l’incontro del Libroforum ha approfondito con storie e pensieri personali il tema del tradimento, già discusso la settimana prima. 

Sono emersi vari punti di vista: il tradimento come necessità di salvare qualcuno, il tradimento che si trasforma in solidarietà, dopo che la persona tradita capisce perché è stato fatto. O, ancora, il tradimento che invece graffia e distrugge la vita, perché chi lo subisce sprofonda nella disperazione, si sente abbandonato, solo, e continua a autodistruggersi con alcol, droga, vita disordinata, piccoli e grandi reati che lo porteranno al carcere.

Molto toccante, in questo senso, la testimonianza di Jorge il quale ha condiviso con i partecipanti la sua disperazione e la sua storia. Dopo il tradimento e l’abbandono da parte della donna amata, la vita gli è sembrata inutile e è passato attraverso le esperienze più negative e degradanti.

Adesso, presa coscienza del suo sbandamento, vive il carcere pensando alle persone care che lo attendono.

Si è parlato della notte e di come qualcuno la viva come un momento di quiete e qualcun altro come angoscia e senso di oppressione.

venerdì 15 maggio 2015

Il tradimento necessario

Incontro del 5 marzo 2015 Milano Casa circondariale San Vittore. 

Giuda poteva scegliere di non tradire?
Azalen Tomaselli, Leandro Gennari, Iginia Busisi Simon Pietro De Domenico con le persone detenute.
Il bacio di Giuda - Caravaggio (1602)

Tradire (etimologia): v. tr. [lat. tradĕre «consegnare», attraverso il sign. di «consegnare ai nemici», «consegnare con tradimento»; cfr. soprattutto l’uso assoluto del verbo tradĕre nel passo del Vangelo di Luca (22, 48) che parla della consegna di Gesù da parte di Giuda (Iesus autem dixit ei: Juda, osculo Filium hominis tradis), e poi di traditor riferito a Giuda in Marco 14, 44 (dederat autem traditor eius signum eis dicens ...), ma v. anche traditore]

Tradire (significato): Treccani


Oggi al Libroforum Leandro Gennari, Iginia Busisi, Simone e Azalen hanno invitato i partecipanti a discutere di tradimento. 

Nelle nostre vite i tradimenti irrompono continuamente, fanno parte del tessuto stesso delle relazioni umane e segnano importanti punti di svolta. Ma tradire è sempre sbagliato? 

Simone ricorda che l'etimologia della parola è il latino tradere e significa consegnare, consegnare al nemico. Dopo questa breve parentesi “dotta”, invita Max a leggere un brano del saggio Tradimenti di Gabriella Turnaturi

L'autrice prendendo le mosse da alcuni archetipi biblici come Giuda e Pietro fino ad arrivare al presente, cerca di cogliere le mille facce del tradimento. Il tradimento di Giuda è emblema della natura doppia e imprevedibile di ogni rapporto. 

Scrive l'autrice: “È sempre apparso intollerabile anche ai non credenti, non solo perché è il Cristo a essere tradito, ma perché si baratta amicizia, fiducia, lealtà per denaro”. 

Nel gruppo ci si interroga sul perché Giuda si sia impiccato, a differenza di Pietro, prescelto come capo della Chiesa. Simone, parafrasando il brano, sostiene che Giuda attraverso il suicidio paradossalmente mostra la sua fedeltà a Gesù, non vuole dimenticare o ignorare la propria ambivalenza, si spinge fino a assumersi tutto il peso della sua colpa. 

lunedì 4 maggio 2015

Un padre deve sempre aiutare un figlio?

Incontro del 26 febbraio 2015 Milano Casa circondariale San Vittore. 

Storia di un rapporto tra padre e figlio.
Azalen Tomaselli, Leandro Gennari, Iginia Busisi, Giorgio Cesati Simon P. De Domenico con le persone detenute.

Papà Goriot - Film di Robert Vernay (1944)
Articoli correllati:

La crisi del padre (19/02/15)
Lettera a un figlio che diventerà papà

Il tema della paternità prosegue oggi con un'altra toccante testimonianza, nel gruppo del Libroforum. Dopo la consueta lettura del resoconto che ha dato spunto a alcune correzioni, la parola passa a Giorgio che ricapitola in modo emblematico la storia di un rapporto difficile tra padre e figlio. 

L’occasione è una lettera da lui indirizzata al suo primogenito, seguita da altre lettere in cui si dipana il groviglio di incomprensioni, rancori, accuse ma anche di affetti e di sentimenti taciuti. 

Giorgio coinvolge l’uditorio con una voce in cui vibra la commozione “Ho avuto 4 figli nella speranza di avere una figlia, la mia era una famiglia benestante”, racconta, “io ero un medico ospedaliero e lavoravo molto per mantenere una famiglia così numerosa”. 

La storia si sviluppa con l’accenno alle ambizioni della moglie che voleva diventare giudice o avvocato e si era rifiutata categoricamente di seguire i quattro figli maschi nello studio. “Io la scuola con loro non la faccio!“ Aveva decretato. 

Così gli inciampi scolastici se non cadute rovinose avevano arroventato il clima domestico. “Sono riusciti a farsi bocciare tutti e quattro lo stesso anno!” Esclama ancora costernato Giorgio che prosegue con un ritratto caotico del tanto decantato focolare. 

La famiglia si sfasciava, quando rientravo in casa dovevo rimettere ordine” rammenta, raccontando episodi di vita familiare, come la decisione di mandare uno dei figli a fare il pizzaiolo portando tutta la famiglia a consumare la pizza nella pizzeria dove lavorava. 

Poi la commozione fa scemare la voce quando si sofferma a raccontare del suo primogenito amato più degli altri, perché nato prima. Ne descrive le prime affermazioni presso una fiorente azienda commerciale seguite malauguratamente dal tracollo economico a causa della sua decisione di mettersi in proprio. 

Un figlio ritratto come suo rivale, antagonista e ribelle, sin da piccolo. 

Poi segue il racconto drammatico della frattura di otto anni addietro per una richiesta di aiuto. Il figlio domanda molti soldi a Giorgio, per pagare dei grossi debiti.

martedì 21 aprile 2015

La crisi del padre

Incontro del 19 febbraio 2015 Milano Casa circondariale San Vittore. 

L'evaporazione del padre. Il conflitto con i figli.
Azalen Tomaselli, Leandro Gennari, Iginia Busisi Simon Pietro De Domenico con le persone detenute.

L'addio di Telemaco e Eucari - Jacques-Louis David (1818)
«I padri latinano, si sono eclissati o sono divenuti compagni di gioco dei loro figli.Tuttavia, nuovi segnali, sempre più insistenti,giungono dalla società civile, dal mondo della politica e dalla cultura,a rilanciare una inedita e pressante domanda di padre».
(Massimo Recalcati, Il complesso di Telemaco)

Oggi al Libroforum Azalen, Simone, Leandro e Iginia introducono un tema che suscita emozioni e pensieri forti. Lo spunto è dato da una lettera che un vecchio partecipante ha scritto sulla paternità vissuta in carcere (Vedi Lettera di Luca QUI). 

Il tema è quello della paternità.

Naymar dice: "È un argomento che non ho mai voluto affrontare, un argomento massacrante" e racconta di essere stato un buon padre, pronto a giocare come quando si era messo a fare la scimmia per distrarre la sua bambina dolorante per le coliche. La moglie rideva e la piccola no. 

Affiorano sentimenti contrastanti che pescano in vissuti familiari penosi. Ribadisce: "non posso chiedere perdono, perché non ho niente da farmi perdonare". 

Vladimir lo contraddice: "tu come padre nono sei presente, devi chiedere perdono per questo. Io chiedo scusa perché mio figlio non l’ho cresciuto". 

Racconta la sua esperienza triste di orfano mitigata dai bellissimi ricordi del padre che lo ha lasciato prematuramente. “Rimane la cosa più bella che ho avuto. A mio figlio volevo dare un padre, su questo vorrei chiedere scusa.” 

"Adesso lui comincia a capire e mi chiede «perché non vieni a casa?». Per la legge” gli rispondo". 

Nella lettera di Luca, ascoltata dal gruppo in silenzio, si sovrappongono i ruoli di tre generazioni, nonno, padre e figlio. 

venerdì 27 marzo 2015

Lettera a Fabrizio

PAROLE OLTRE - LA VOCE DEI DETENUTI

Lettera a Fabrizio. 
di Jorge

Mio piccolo dolce Fabrizio,


Nella mia mente conservo ancora il ricordo del primo istante in cui ti vidi. Eri un sogno, eri un sogno che si avverava.
Avevi un viso paffuto e tondo.
Eri il bimbo più bello del mondo e il tuo papà non ti dimenticherà mai.
E se un giorno tornerai, spero che mi perdonerai, per tutti i giorni che non ti sono potuto stare accanto.
Ma ti ho sempre amato tanto.
Nei miei sogni vedo finalmente noi tre uniti per sempre (io, la mamma e tu) per non lasciarci mai più.
Ti vorrò sempre tanto bene.
Tuo papà.


Siete la cosa più importante della mia vita.
Tu e la mamma.

sabato 7 marzo 2015

La religione è come una miccia

Incontro del 12 febbraio 2015 Milano Casa circondariale San Vittore. 

Una libera riflessione sulla religione tra credenti e non credenti.
Leandro Gennari, Iginia Busisi Simon Pietro De Domenico con le persone detenute.

La caduta dell'angelo - Marc Chagall (1923-1947)
Oggi al Libroforum partecipano Iginia, Leandro e Simone. L'argomento che ha proposto Leandro è una riflessione sulle religioni. Prende subito la parola Iginia, che introduce l'incontro leggendo le prefazione del libro Triangolo Rosso (Vedi QUI per il testo integrale), di don Paolo Liggeri, uno degli eroi della resistenza italiana. Arrestato dai fascisti nel 1944 per avere aiutato e nascosto persone di religione ebraica, è stato recluso a San Vittore, allora in mano alle SS e, in seguito, deportato nei campi di concentramento di Fossoli, Bolzano, Mauthausen, Gusen e Dachau. 

Triangolo Rosso è il diario della sua tragica esperienza detentiva. Questo ha dato inizio a una discussione sulle religioni e sul potere che esse hanno sulle popolazioni, soprattutto quando diventano religioni di stato.

In particolare due passaggi del testo colpiscono l'uditorio:

Quando gli uomini non hanno una fede soprannaturale, diventano facilmente bestie. Quando gli uomini non credono in una giustizia superiore, infallibile e inappellabile, diventano capaci delle più inaudite nefandità e scelleratezze.

Tutti gli uomini, (…) quando perdono il senso del divino, molto facilmente finiscono con il perdere anche il senso dell'umano: non credendo in Dio, distruggono gli uomini, e, di conseguenza, anche se stessi.

Il “senso del divino” ha provocato una bella e profonda discussione perché è appurato che anche nelle tribù più primitive questo mistero di qualcosa di sconosciuto, potente, superiore emerge nel culto degli antenati e già con evidenti segnali di distinguere tra il fare del bene e il fare del male. Lo stregone è chiamato presso il malato per scacciare gli spiriti maligni. Qui già nasce il potere dello stregone perché parla con forze sconosciute. Potere che via via nel mondo pagano passa ai sacerdoti e agli oracoli. Ma adesso questo potere non è più controllabile? E tornando al senso del divino che non è la religione è innato nel cuore dell’uomo? La domanda rimane sospesa.

Simone invita i partecipanti a interrogarsi sulla relazione tra la perdita del senso del divino e la perdita del senso dell’umano, ma nessuno sembra condividere le parole dell'autore.

martedì 3 marzo 2015

Lettera a un figlio che diventerà papà

PAROLE OLTRE - LA VOCE DEI DETENUTI

Lettera a un figlio che diventerà papà. 
di Luca Sainaghi
La paternità vissuta in carcere deve confrontarsi con i sentimenti di impotenza e solitudine rispetto a norme che limitano l’evolversi naturale di una relazione affettiva. Nel testo riportato le immagini di padre e figlio si confondono, le distanze generazionali si annullano e i ruoli reciproci sono oggetto di scambio. L’uomo che ha fatto soffrire e che è stato fonte aspra di insegnamenti e di conflitti diventa per il figlio pietra di paragone, da imitare e dalla quale differenziarsi. In un’epoca caratterizzata dalla evaporazione del padre e dal declino di ogni forma di autorità, rimane l’ancoraggio di una figura che offre la propria esperienza, in questo caso drammatica, come base per articolare un messaggio di forza e di speranza.

A UN FIGLIO CHE DIVENTERÀ PAPÀ

di Luca Sainaghi

Questa mattina ho pensato a te, poi a mio padre, tuo nonno… Pensavo a te e mi veniva da piangere e i pensieri correvano a quando ti ho visto nascere, a quel meraviglioso momento. Ti ho amato tanto in questi anni, ma anche rifiutato…

Rifiutato perché tu toglievi spazio a me, alla mia relazione con la mamma, a volte il tuo esistere mi agitava, il tuo richiedere attenzioni quasi mi affaticava; eppure eri così piccolo e indifeso, così bello da coccolare, così dolce quando dormivi, così odorante di latte… un odore indimenticabile.

Negli anni tu crescevi, ma io non riuscivo a essere coerente nell’amarti, quante volte mi sono stressato nel correrti dietro quando dovevo importi una regola; tantissime altre volte tua madre mi ha scaricato le sue ansie, le sue stanchezze, rispetto all’educarti, allo starti dietro, alle malattie. Ti ho ripreso dopo un brutto voto, ti ho punito per la tua eccessiva vitalità. A volte ti ho sgridato, forse sculacciato per poi pentirmi e stare male.

Tu eri un po’ me, quel bambino che guardavo ero io e io ero il mio papà.

Sembra una magia detta così, invece questa proiezione di me in te, mi ha angosciato, non volevo essere mio padre, spesso avrei voluto essere te.


lunedì 23 febbraio 2015

Triangolo Rosso di Paolo Liggeri

PAROLE OLTRE - LA VOCE DEI DETENUTI

Prefazione di Triangolo Rosso. 
di Don Paolo Liggeri

Docce - Vittore Bocchetta

Qui viene riportata la testimonianza di una persona detenuta straordinaria: Don Paolo Liggeri (Vedi un profilo di Paolo Liggeri sul sito dell'ANPI QUI), e più precisamente la prefazione del suo libro: Triangolo Rosso. Don Paolo Liggeri è stato uno degli eroi della resistenza italiana, nasce a Augusta (Siracusa) nel 1911, nel 1943 fonda il centro di assistenza sociale "La Casa" in via Mercalli a Milano, dove viene offerta accoglienza ai bisognosi ma anche ai perseguitati politici. Arrestato dai fascisti, viene recluso a San Vittore e in seguito deportato nei campi di concentramento di Fossoli, Bolzano, Mauthausen, Gusen e Dachau. Triangolo Rosso è il diario della sua tragica esperienza detentiva.

Prefazione di Triangolo Rosso

Devo dire che nel rileggere questo diario mi sono commosso? Sì, mi sono commosso e ho palpitato, ho fremuto, ho spasimato ed agonizzato, come quando lo scrissi, rivivendone ogni pagina, come se fosse ieri.

martedì 17 febbraio 2015

Ho ucciso un principio di Paolo Pasi

Incontro del 29 gennaio 2015 Milano Casa circondariale San Vittore. 

La storia di Gaetano Bresci, per riflettere sulla libertà e sul tempo.
Paolo Pasi, Azalen TomaselliLeandro Gennari, Iginia Busisi Simon Pietro De Domenico con le persone detenute.

Gaetano Bresci - Flavio Costantini
L’aria e il nevischio stringono in una morsa la città, sono i giorni della merla in cui un freddo pungente ricorda che siamo nel cuore della fredda stagione. 

Paolo Pasi (già venuto a un precedente incontro del Libroforum) arriva in ritardo, trattenuto per lavoro, e Azalen sale al sesto per raccogliere i partecipanti. Si chiacchiera in attesa dell’ospite, mentre la chitarra posata su un tavolino centrale è il convitato di pietra, perché è stato raccomandato vivamente dal suo proprietario di non darla a strimpellatori dilettanti e improvvisati. 

Superati i controlli, il gruppo costituito dalla poetessa Iginia, da Simone e da Paolo prende posto in cerchio. Paolo racconta di essere venuto a San Vittore già nel ’92 da giovane cronista, ai tempi di Tangentopoli, in una situazione non facile, dove con una capienza di 700 persone il carcere ne ospitava circa 1500. 

Il primo impatto è stato molto duro” commenta rivelando il bisogno di tornare di tanto in tanto, per capire come evolve il sistema carcerario nella realtà milanese. Si presenta dichiarando le sue passioni: la chitarra e la scrittura, sin dalla prima adolescenza fino ad oggi. 

Porta l’ultimo libro, Ho ucciso un principio, Edizioni Eleuthera (Guarda il Booktrailer QUI) una biografia accuratamente documentata sull’uomo che ha cambiato il corso della storia nell’Italia del primo Novecento: Gaetano Bresci. Protagonista di un gesto clamoroso, l’uccisione del re Umberto I. Bresci fu rinchiuso per nove mesi in una cella di isolamento e fu trovato impiccato, in circostanze misteriose. 

Batuffolo

PAROLE OLTRE - LA VOCE DEI DETENUTI

Batuffolo. 
di Jorge

Il giorno che ti ho visto,
ho visto un batuffolo, piccolo e tenero
mi sono sentito un re
e tu il mio principe


tanta la commozione

e poi...

martedì 10 febbraio 2015

Città ideale

Incontro del 22 gennaio 2015 Milano Casa circondariale San Vittore. 

La citta ideale.
Azalen Tomaselli Leandro Gennari con le persone detenute.
Oggi una pioggia fitta rende umida l’aria e riveste di una patina grigia i palazzi, le strade, gli alberi spogli. Azalen con Leandro Gennari salgono al sesto secondo dove trovano alcuni nuovi partecipanti. Dopo la presentazioni di Leandro e del progetto è lo stesso Leandro a parlare del convegno che si terrà nei prossimi giorni sullo stato di salute del sistema sanitario in tutta la Lombardia. Alcuni partecipanti scambiano qualche impressione sull’argomento, Leandro è autore di un libro Curare, in cui passa al vaglio luci e ombre della sanità, in Italia. 

Poi, Azalen spiega che l’obiettivo del libroforum è creare una dialettica tra dentro e fuori per abbattere certi pregiudizi. Il carcere non deve essere avulso dalla società civile, ogni cittadino può sbagliare e può subire una condanna. 

Un partecipante si lamenta di essere stato privato di tutti i diritti, sulla base di una denuncia, non tutti coloro che violano il codice sono trattati allo stesso modo. 

Azalen risponde che la giustizia è amministrata da uomini, il magistrato applica la pena stabilita per quel tipo di reato. Si contesta che il magistrato interpreta la legge. 

L’argomento sollevato più volte non catalizza l’attenzione e si procede con la lettura del resoconto e con una breve esposizione del progetto di scrittura sulle città invisibili di Calvino

Il libro, spiega Azalen per i nuovi iscritti, ha una struttura a poliedro e è costituito dalle relazioni di viaggio che Marco Polo fa a Kublai Kan, imperatore dei Tartari. Al fondo dei racconti dell’ambasciatore veneziano, c’è l’interrogativo sulle ragioni che spingono gli uomini a vivere nelle città. 

Azalen chiede a Max di leggere un brano, per fornire un esempio. Il brano proposto riguarda Isidora, la città dalle parvenze di un sogno, dove i desideri si trasfigurano in ricordi. 

lunedì 2 febbraio 2015

Angelo

PAROLE OLTRE - LA VOCE DEI DETENUTI

Angelo. 
di Jorge

I tuoi capelli scuri
i tuoi occhi scuri
fanno pensare alle tenebre
e invece sei un bellissimo
angelo

che si è
innamorata di un
diavolo
ma un diavolo buono
forse con il vizio
che ha preso
quello che hai conosciuto
ma alla fine
c'è qualcosa di buono
in me?


sabato 31 gennaio 2015

Federico Riccardo Chendi e Daniela Ambrosio. La periferia è il futuro.

Incontro del 15 gennaio 2015 Milano Casa circondariale San Vittore. 

Federico Riccardo Chendi e Daniela Ambrosio presentano i loro libri.
Federico Chendi, Daniela Ambrosio, Azalen TomaselliLeandro Gennari Simon Pietro De Domenico con le persone detenute.

Periferia - Mario Sironi (1922)
Oggi al Libroforum il gruppo è dimagrito. Simone, Leandro, Federico Riccardo Chendi (Che ha già partecipato a un precedente incontro del Libroforum. Vedi QUI) e Daniela Ambrosio iniziano l’incontro, mentre i partecipanti arrivano alla spicciolata. Anche Azalen giunge con un’ora di ritardo e trova alcuni iscritti in corridoio. 

Dopo lo scambio di saluti, avverte che il resoconto non c’è. La discussione si avvia a fatica per l’inconsueta confusione. L’argomento è il Ligera (www.ligera.it) locale di via Padova, scenario di episodi e di personaggi singolari: un universo sfaccettato, crogiuolo di culture e serbatoio di diversità. 

"Ho riportato delle vere testimonianze", premette Federico Riccardo Chendi che, oltre a occuparsi del suo bar, svolge attività di scrittore e di editore (ligeraedizioni.wordpress.com). La sua iniziativa editoriale nasce dalla consapevolezza che la cultura underground è la sola strada da percorre per uscire dalla stagnazione culturale che Milano sta vivendo. 

Federico, presenta Sparami, una sua raccolta di racconti ispirati a storie vere. Contiene una carrellata di personaggi della Ligera, la mala milanese. Tipi strani che ruotano e frequentano il bar di via Padova, come spiega l’autore, gente che esce dagli schemi o per scelta o per le circostanze, umanità ai margini, che acquista una sua luce e caratterizzazione interiore. 

Fa l’esempio di Chupito, il protagonista del primo racconto, una sorta di mascotte di via Padova, la cui vita è andata storta e che ora a vederlo sembra una persona ordinaria e regolare. Ha perso tutto, ma ha raggiunto un suo equilibrio nella follia. 

Federico racconta che lui non vuole frequentare i bar dei "poveracci", vuole stare con le persone dabbene. Chupito è felice, anche se non avrebbe nessuna ragione per esserlo, e la sua felicità dà quasi fastidio. 

mercoledì 28 gennaio 2015

Donna mia

PAROLE OLTRE - LA VOCE DEI DETENUTI

Donna mia. 
di Jorge

Tu donna mia,
il grano e la luce
tu mio piccolo infinito
tu vita mia
come il mare è
il mio cuore solitario

ti cerco

istante di felicità
emozione
contatto
una lacrima
tra gli ulivi.

* Il nome dell'autore detenuto è di fantasia. Il testo qui riportato non è una trascrizione fedele ma è frutto di una personale e approssimata rielaborazione del testo originale letto dall'autore durante i nostri incontri.

lunedì 19 gennaio 2015

Cattiveria e bontà

Incontro del 8 gennaio 2015 Milano Casa circondariale San Vittore. 

Shakespeare's Villains di Steven Berkoff, tra cattiveria e bontà.
Azalen TomaselliLeandro Gennari Simon Pietro De Domenico con le persone detenute.

La visione dopo il sermone - Paul Gauguin (1888)
Cattiveria (etimologia): da "cattivo" agg. [lat. captīvus «prigioniero», der. di capĕre «prendere»; il sign. odierno ha avuto origine dalla locuz. del lat. crist. captivus diabŏli «prigioniero del diavolo»]. – È l’opposto di buono, in quasi tutti i suoi significati.

Bontà (etimologia):  [lat. bonusdal più antico duonus, successiva trasformazione della d in b, la cui derivazione si attribuisce: alla radice sanscrita dve = felice; alla contrazione di divonus, a sua volta dalla radice sanscrita div = splendere, a stessa che dà origine alla parola dioÈ l’opposto di cattivo.

Cattiveria (significato): Treccani

Bontà (significato): Treccani


Oggi il Libroforum si interroga su bontà e cattiveria. Dopo avere letto il resoconto, Simone propone il tema, che inizialmente lascia tiepido l’uditorio. Qualcuno identifica la cattiveria con l’ira sostenendo che a volte da una piccola scintilla divampa un grande incendio. 


Sull’eco dell’argomento discusso nell’incontro scorso si commenta: “Chiunque provocato, può dar sfogo alla violenza e non è facile non rispondere.” Si azzarda un matrice per l’ira: l’ignoranza, per Adam. 

Simone osserva che la violenza elimina la parte razionale: non reagire è una questione di forza interiore. Oggi, per un’inezia si viene alle mani, per uno sguardo a una ragazza si finisce a coltellate. 

Poi spiega di avere trovato spunto, per il tema odierno, da uno spettacolo di Steven Berkoff, un attore e drammaturgo inglese che ha portato sulle scene uno spettacolo su I cattivi di Shakespeare (Shakespeare’s Villains).. Una carrellata di personaggi che va da Iago, l’invidioso, a Riccardo III, il cattivo geniale, a Macbeth, il vorrei ma non posso, a Coriolanus, violento e prepotente perché viziato dalla mamma Volumnia che lo adora e così via; 

una cattiveria declinata in vari modi, esemplificativa della brama di potere che, mescolata a crudeltà, genera esseri umani mostruosamente accaniti gli uni verso gli altri. Una catalogazione di varie forme di crudeltà che scaturisce da una condizione di non avere ricevuto amore, secondo Berkoff, Simone non esita a stimolare i partecipanti a dare una definizione personale di cattiveria e di bontà. 

lunedì 12 gennaio 2015

VII Giornata del volontariato: "Lezioni" di giustizia e carcere a scuola

VII Giornata del volontariato 

Una mano tira l’altra, per un mondo più solidale. 
Una mattinata per conoscere i tanti volti del volontariato.



29 ottobre 2014 Milano

Organizzato da Istituto di istruzione superiore "Cremona".

Con il contributo di:
Ciessevi, Croce Rossa Italiana, Avis, Legambiente, LiberanteProgetto Integrazione
Studio assistito tra pari, Fondazione Aquilone OnlusSocietà di San Vincenzo De Paoli, L'amico Charly, La Lanterna, Doposcuola Confalonieri Locatelli Fabbri.


Liberante ha partecipato a un incontro con i ragazzi degli Istituti Zappa e Cremona, per parlare di volontariato in carcere.



Milano. Una intera giornata dedicata al volontariato. Protagonisti gli istituti Zappa e Cremona che si sono attrezzati per accogliere alcune delle numerose associazioni che compongono l’universo variegato del terzo settore. 

Nell’aula rossa dell’istituto Zappa si sono avvicendati gli allievi della quarta e quinta classe dell’ITIS e del liceo scientifico per un inedito sguardo sul pianeta carcere. 

Dalle 10.00 alle 13.00, i volontari di Liberante hanno raccontato ai giovani che gremivano la sala le attività svolte in favore delle persone ristrette del reparto protetti e del reparto femminile di San Vittore. Simone, Azalen, Dana, una detenuta che sta scontando una pena alternativa a Lodi in una residenza per rifugiati politici del Maghreb, e Sonja hanno cercato di svelare ciò che c’è dietro le mura di un istituto penitenziario. 

Azalen apre la presentazione del progetto, spiegando il perché si sia scelto di chiamare Liberante il blog che pubblica i resoconti degli incontri tra le persone detenute e gli scrittori. 

E’ una parola che suggella la fine della carcerazione, un annuncio con il quale si restituisce ai reclusi il ritorno alla vita normale. Di solito l’annuncio recato da un agente di polizia penitenziaria è seguito da ovazioni di gioia, abbracci, strette di mano, lacrime per il distacco, dopo mesi, a volte anni, vissuti nella stessa cella. Perché le amicizie in carcere sono profonde. 

Simone spiega a un uditorio attento e disciplinato la differenza tra una casa di reclusione, dove permangono i detenuti che hanno avuto una sentenza di condanna, e una casa circondariale dove vengono trasferiti gli imputati dopo l’arresto, in attesa di giudizio. 

Poi descrive l’edificio di San Vittore, in origine un convento, trasformato solo più tardi in struttura detentiva. Improntato al modello settecentesco del panopticon presenta una pianta a sei raggi o reparti che si dipartono da un ampio locale centrale, “la rotonda”. 

Ogni reparto ospita una particolare tipologia di reati: tossicodipendenti, giovani adulti, pazienti psichiatrici, delinquenti comuni, appartenenti a bande o a cosche mafiose; in particolare, il sesto secondo è il reparto dei “protetti”, individui soggetti a misure di protezione in quanto invisi al resto della popolazione carceraria. 

Comprende pentiti, collaboratori di giustizia, ex appartenenti alle forze dell’ordine, transgender, omosessuali, autori di reati a sfondo sessuale come maltrattanti, stalker, pedofili, etc. “Il carcere nel carcere”, così è definito dai suoi abitanti per le più severe misure restrittive. 

Anche se, negli ultimi tempi la situazione di sovraffollamento è migliorata, per effetto delle minacce pendenti di migliaia di ricorsi alla Corte Europea, che espongono l’Italia al pagamento di salate sanzioni pecuniarie (100.000 euro per ogni 7 detenuti).

Liberante, spiega Simone, ha l’obiettivo di gettare un ponte tra il carcere e la cittadinanza, "perché in carcere possono andare anche persone come noi che fino al momento della carcerazione hanno condotto una vita regolare"Bisogna sfatare certi stereotipi e non considerare il luogo di reclusione in termini negativi. 

La funzione della pena è non solo afflittiva, ma soprattutto rieducativa e deve tendere a restituire alla società una persona migliore. 

venerdì 9 gennaio 2015

La provocazione

Incontro del 18 dicembre 2014 Milano Casa circondariale San Vittore. 

La provocazione.
Azalen Tomaselli,Giorgio Cesati, Leandro Gennari, Iginia BusisiSimon Pietro De Domenico con le persone detenute.

L.H.O.O.Q - Marcel Duchamp (1919)


Provocazione (etimologia): s. f. [dal lat. provocatio -onis (der. di provocare: v. provocare), che significava, oltre che «invito alla lotta, sfida al combattimento o a un duello», anche «appello a un giudice superiore»].

Provocazione (significato): Treccani


Oggi l’approssimarsi del Natale, si avverte nel viavai festoso sulle strade, dove persone con grossi involti si affrettano a rientrare a casa e nei volti sorridenti dei passanti che rispecchiano l’attesa delle feste in arrivo. Perfino lo strombazzare dei clacson e il rombo dei motori aggiungono una nota di insolita allegria al tran tran quotidiano. 

Azalen, Simone, Giorgio, Iginia e Leandro si ritrovano nello spiazzo alberato e insieme varcano il portone di San Vittore per salire al sesto secondo. 

Dopo la lettura del resoconto, l’argomento introdotto a corollario del bullismo è la provocazione

Fatta una breve nota sulle origini della parola da pro = avanti e voco = chiamare si cerca di circoscriverne l’ambito del discorso, limitandolo all’analisi di quella strategia comunicativa realizzata ad arte per destabilizzare l’equilibrio dell’altro. 

La provocazione è infatti una tecnica adottata in modo consapevole e a volte inconscio che fa uso del linguaggio gestuale e verbale, per raggiunge lo scopo di svilire l’avversario prescelto. 

Qualche partecipante osserva che la provocazione non è necessariamente negativa citando l’esempio della provocazione sessuale usata per risvegliare il desiderio nel partner o in chiunque si voglia sollecitare o la provocazione intellettuale. 

giovedì 1 gennaio 2015

Buon 2015 da Liberante

Tanti auguri e felice anno nuovo da Liberante.

Baby New Year - John T. McCutcheon (1905)