lunedì 19 gennaio 2015

Cattiveria e bontà

Incontro del 8 gennaio 2015 Milano Casa circondariale San Vittore. 

Shakespeare's Villains di Steven Berkoff, tra cattiveria e bontà.
Azalen TomaselliLeandro Gennari Simon Pietro De Domenico con le persone detenute.

La visione dopo il sermone - Paul Gauguin (1888)
Cattiveria (etimologia): da "cattivo" agg. [lat. captīvus «prigioniero», der. di capĕre «prendere»; il sign. odierno ha avuto origine dalla locuz. del lat. crist. captivus diabŏli «prigioniero del diavolo»]. – È l’opposto di buono, in quasi tutti i suoi significati.

Bontà (etimologia):  [lat. bonusdal più antico duonus, successiva trasformazione della d in b, la cui derivazione si attribuisce: alla radice sanscrita dve = felice; alla contrazione di divonus, a sua volta dalla radice sanscrita div = splendere, a stessa che dà origine alla parola dioÈ l’opposto di cattivo.

Cattiveria (significato): Treccani

Bontà (significato): Treccani


Oggi il Libroforum si interroga su bontà e cattiveria. Dopo avere letto il resoconto, Simone propone il tema, che inizialmente lascia tiepido l’uditorio. Qualcuno identifica la cattiveria con l’ira sostenendo che a volte da una piccola scintilla divampa un grande incendio. 


Sull’eco dell’argomento discusso nell’incontro scorso si commenta: “Chiunque provocato, può dar sfogo alla violenza e non è facile non rispondere.” Si azzarda un matrice per l’ira: l’ignoranza, per Adam. 

Simone osserva che la violenza elimina la parte razionale: non reagire è una questione di forza interiore. Oggi, per un’inezia si viene alle mani, per uno sguardo a una ragazza si finisce a coltellate. 

Poi spiega di avere trovato spunto, per il tema odierno, da uno spettacolo di Steven Berkoff, un attore e drammaturgo inglese che ha portato sulle scene uno spettacolo su I cattivi di Shakespeare (Shakespeare’s Villains).. Una carrellata di personaggi che va da Iago, l’invidioso, a Riccardo III, il cattivo geniale, a Macbeth, il vorrei ma non posso, a Coriolanus, violento e prepotente perché viziato dalla mamma Volumnia che lo adora e così via; 

una cattiveria declinata in vari modi, esemplificativa della brama di potere che, mescolata a crudeltà, genera esseri umani mostruosamente accaniti gli uni verso gli altri. Una catalogazione di varie forme di crudeltà che scaturisce da una condizione di non avere ricevuto amore, secondo Berkoff, Simone non esita a stimolare i partecipanti a dare una definizione personale di cattiveria e di bontà. 

Gian rileva che è una domanda complessa, ma è dettata anche dall’emulazione di modelli sbagliati, nella sua esperienza vedeva nel campo nomadi i bambini che si massacravano di botte, perché il padre e la madre facevano altrettanto. 

La domanda è girata a tutto il gruppo. Per alcuni, cattiveria è l’esercizio del male, senza scopo, gratuitamente. 

Per altri è il male operato con uno scopo: potere, egoismo, vendetta, mentre il bene è l’adoperarsi per gli altri e si riconosce dagli effetti, se l’azione che compiamo ha conseguenze buone. 

Per Agostino bisogna distinguere tra la cattiveria e l'azione, sembra volere dire che la prima è intrinseca e la seconda può essere dettata dalle circostanze. 

L’esito di atti che danneggiano fisicamente e moralmente è cattiveria, ma il cattivo compie sempre azioni cattive? 

Per Simone che introduce la componente della volontarietà, all’origine della cattiveria c’è la mancanza di empatia, per cui non riconosco nell’altro il mio prossimo. 

E’ un meccanismo disumanizzante e reificante per cui l’altro da persona è ridotto allo statuto di oggetto. 

Gino dice che il prototipo del cattivo è un buono arrabbiato che dopo avere immagazzinato vessazioni se è isolato e non ha la possibilità di un confronto, esplode. La crisi e le difficoltà economiche catalizzano le reazioni negative. 

Leandro però osserva: Questo è un rebound negativo rispetto a fenomeni negativi, ma la cattiveria è un’altra cosa: è la prerogativa di colui che è determinato a fare certe cose perché vuole essere importante, riguarda la sfera del dominio sull’altro. La conseguenza per un torto subito è qualcosa di più sadico, è l’esagerare nella punizione e provare piacere. 

Non tutta la violenza prorompe dalla cattiveria, ripete Simone, ma dalla mancanza di empatia, come faccio a fare del male se vedo nell’altro me stesso? Chiede. 

Per Agostino bisogna distinguere le circostanze, la religione, tutta la costellazione di elementi e concause che giustificano l’atto cattivo, solo il bambino è cattivo, perché non è stato inquinato dalla società. 

Simone cita un celebre caso di cronaca nera: l'omicidio di via San Gregorio a Milano. Il 29 novembre 1946 Rina Fort,  uccise la moglie e i figli del suo amante. La Fort ammise di avere ucciso la rivale, ma non i bambini; la perizia psichiatrica aveva accertato che la donna non mentiva, perché nella sua psiche l’infanticidio era inconciliabile con la sua identità. 

Per Adam bontà e cattiveria sono in relazione dialettica, l’uomo è cattivo anche verso se stesso, fa del male ai propri simili. 

Namyar individua una distinzione e sostiene che la cattiveria parte dalle parole e la bontà si esprime nei fatti.  La parola cattiva dilaga, ma si compie il male per l’istinto di conservazione, per la propria sopravvivenza, in una società diventata più cinica e competitiva. Inoltre alludendo ai pregiudizi dice che anche fare di tutta l’erba un fascio, catalogando le persone in base all’appartenenza etnica, religiosa, sociale, familiare è una forma di cattiveria. 

Dopo avere cercato di fare una sintesi degli interventi Simone sottolinea che la dicotomia tra bene e male è un assunto delle grandi religioni, mentre l’Occidente mette in discussione questo dualismo, quasi manicheo. 

Per Fulvio i due poli viaggiano paralleli, perché l’uno non può esistere senza l’altro e cita Thomas Mann che nel volume secondo della La montagna incantata affronta tematiche analoghe, la laicità dello stato, il credo della religione. 

Anche per Manuel essi procedono paralleli e per Agostino la bontà perfetta diventa simile alla cattiveria, spesso dietro una facciata irreprensibile può celarsi l’opposto di ciò che vuole apparire. 

Leandro afferma che la cattiveria emerge da un disaccordo: “Non può esserci un uomo solo cattivo o solo buono, la cattiveria è un’espressione negativa per quanto riguarda il rispetto della persona che ti sta davanti. Il cattivo diventa cattivo in quel momento”. 

L’eco della strage di Parigi, compiuta dai terroristi islamici il giorno prima arriva al Libroforum e Leandro osserva: “I terroristi sono esaltati nella loro cerchia”. Nel loro parlamento interiore c’è una voce che ordina di uccidere (n.d.a.). Appartiene ai loro imam e a coloro che li hanno indottrinati. 

Gian e Namyar richiamano il sacrificio dei kamikaze giapponese, ma Simone precisa che quello era patriottico e si inquadrava in una guerra, non colpiva i civili. 

Adam cita il brano di Manzoni per affermare che non sempre il male prevale sul bene, nella celebre notte dell’Innominato il bene trionfa e si passa dalla tenebra della notte alla luce dell’alba, immagine di una redenzione del grande peccatore. 

Simone dice che questa lotta ha ispirato grandi capolavori e ritorna al Riccardo III, leggendo un brano della tragedia shakespeariana. E’ uno storpio, gobbo e decide: poiché non posso avere l’amore, distruggerò l’amore. 

La grande intuizione di Shakespeare sta nel giustificare la cattiveria, perché la natura stessa ha costretto l’uomo a essere quello che è, sottolinea. Gino ribadisce, lo porta a essere cinico e calcolatore. 

Si ripropone l’analogia con il bullismo: il bullo si esalta di fronte ai compagni, ma nelle situazioni reali diventa piccolo. Dall’ultima osservazione sembra che la cattiveria si origini da una mancanza: d’amore, di qualità naturali, reale o percepita. 

Per la bontà, Simone cita Aristotele il quale identifica la bontà con l’amicizia e sostiene che la bontà si riconosce dal numero di amici che uno possiede, perché è improbabile che un uomo buono non incontri un altro uomo buono come lui. Tranne a contraddirsi. Si racconta, infatti, che prima di morire abbia detto: "Cari amici, non vi sono amici". 

Il dubbio è se Aristotele non sia stato buono o se, essendolo, non abbia mai incontrato uno come lui, il che negherebbe quanto ha affermato nella premessa. 

Si lascia sospesa la questione perché il Libroforum ha concluso l’incontro e rimane solo il tempo per salutarsi con il proposito di ritrovarsi tra una settimana quando ci saranno ospiti Federico Chendi e Daniela Ambrosio…

A seguire il brano letto durante l'incontro tratto da Riccardo III di W. Shakespeare 

Ora l'inverno del nostro scontento, è trasformato in gloriosa estate dal sole di York. Tutte le nuvole che gravavano sulla nostra casata sono sepolte nel profondo ventre dell'oceano. Ora le nostre tempie sono cinte di ghirlande vittoriose, le nostre armi ammaccate sono state appese per ricordo, il nostro rigido stato d'allarme è mutato in incontri felici. Le nostre marce spaventose sono mutate in ritmi deliziosi. La guerra dal volto torvo ha disteso la propria fronte corrugata e ora anziché montare cavalli bardati per spaventare le anime dei nostri tremebondi avversari , saltelliamo agilmente nella camera di una donzella agli allettamenti lascivi di un liuto. Ma io che non sono modellato per giochi piacevoli, non sono ne fatto per corteggiare un lusinghiero specchio, io che sono rudemente forgiato e manco della maestà d'amore necessaria a impettirsi di fronte a una ninfa che incede lussuriosa. E io che sono sprovvisto di giuste proporzioni, defraudato dell'apparenza dalla natura dissimulatrice, deforme, non finito, mandato anzitempo in questo mondo che respira, a stento finito a metà, e così zoppo e disturbante che i cani mi abbaiano contro quando mi fermo vicino a loro. Perché io in questo soave tempo di pace non ho altro piacere per far passare il tempo che osservare la mia ombra nel sole, e discettare della mia deformità. Perché, l'amore, mi maledisse nel ventre? Lei corruppe la natura per ridurre il mio braccio come un tronco avvizzito per apporre una invidiosa montagna sulla mia schiena per sproporzionarmi in ogni parte come un caos, come un orsacchiotto non leccato, che non reca nessun'impressione della madre. E poiché questa terra non mi offre alcuna gioia salvo il comandare e piegare coloro che sono più belli di me; il mio paradiso consisterà, finché vivo, nel sognare la corona e nel considerare questo mondo alla stregua di un inferno finché il mio tronco deforme che porta questa testa sarà cinto da una gloriosa corona. E tuttavia non so come ottenere la corona perché molte vite si ergono tra me e il mio scopo e io come uno perso in un bosco spinoso, che cerca una strada e devia dalla strada che senza sapere come raggiungere l'aria aperta si affanna disperatamente a trovarla, io mi tormento per ottenere la corona inglese e da questo tormento mi libererò o mi farò strada con un'ascia insanguinata. Perché io posso sorridere e uccidere mentre sorrido e definire un piacere ciò che affanna il mio cuore e bagnare le mie guance di lacrime artificiali e disporre il mio volto per ogni occasione, io affogherò più marinai di quanto mai una sirena farà, assassinerò più testimoni del basilisco e come Sinone prenderò un'altra Troia, posso aggiungere colori a quelli del camaleonte, con Proteo cambiare forme per ottenere vantaggi e mettere a scuola il letale Machiavelli. Posso fare tutto ciò e non ottenere una corona? Fosse anche più in alto la trascinerò a terra.

* I nomi dei detenuti sono di fantasia

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