Incontro del 22 gennaio 2015 Milano Casa circondariale San Vittore.
La citta ideale.
Azalen Tomaselli e Leandro Gennari con le persone detenute.
Poi, Azalen spiega che l’obiettivo del libroforum è creare una dialettica tra dentro e fuori per abbattere certi pregiudizi. Il carcere non deve essere avulso dalla società civile, ogni cittadino può sbagliare e può subire una condanna.
Un partecipante si lamenta di essere stato privato di tutti i diritti, sulla base di una denuncia, non tutti coloro che violano il codice sono trattati allo stesso modo.
Azalen risponde che la giustizia è amministrata da uomini, il magistrato applica la pena stabilita per quel tipo di reato. Si contesta che il magistrato interpreta la legge.
L’argomento sollevato più volte non catalizza l’attenzione e si procede con la lettura del resoconto e con una breve esposizione del progetto di scrittura sulle città invisibili di Calvino.
Il libro, spiega Azalen per i nuovi iscritti, ha una struttura a poliedro e è costituito dalle relazioni di viaggio che Marco Polo fa a Kublai Kan, imperatore dei Tartari. Al fondo dei racconti dell’ambasciatore veneziano, c’è l’interrogativo sulle ragioni che spingono gli uomini a vivere nelle città.
Azalen chiede a Max di leggere un brano, per fornire un esempio. Il brano proposto riguarda Isidora, la città dalle parvenze di un sogno, dove i desideri si trasfigurano in ricordi.
Il testo lascia perplesso l’uditorio, Azalen invita a cercare il significato di questa città che nei sogni: “conteneva lui giovane”, ma in cui lo stesso visitatore arriva da vecchio.
Fabio rompe il ghiaccio, dicendo che l’uomo non riesce a vivere pienamente il presente, se non come ricordo di ciò che è già svanito.
Leandro propone ai partecipanti di dire come può essere per loro la città ideale. Un partecipante afferma che per lui la città ideale esiste e è Catania. Perché? Gli chiede Leandro, stupito da quella risposta. Perché mi piace, ci sono vissuto molti anni e tra pochi giorni ricorre la festa della sua santa patrona.
Namyar dice che comprende solo adesso che ne è lontano, che la città ideale per lui è la sua famiglia, e dice di rivedere il momento in cui introduceva la chiave nella toppa e si sentiva avvolgere dall’atmosfera della sua casa.
Per un altro partecipante, la città ideale oltrepassa i confini e si dilata. E’ l’Egitto, dice. Azalen, gli chiede: Ti manca? No, risponde, sorridendo, sono io che manco all’Egitto.
Leandro dà una sua versione di città ideale, fondata sul rispetto. Azalen propone di ritornare alle città invisibili. Ma la parola rispetto ha prodotto un viraggio sul tema della libertà e sulla differenza del sistema di valori.
Azalen cita la frase di Voltaire: “Non condivido ciò che dici, ma sarei disposto a dare la vita affinché tu possa dirlo” Il collegamento va al fondamentalismo islamico, ma Namyar sostiene che molti terroristi vengono da Guantanamo, e che gli Stati Uniti li hanno rilasciati.
Azalen chiede di tralasciare la questione troppo complessa. Lo stesso Namyar chiede perché si sia parlato tanto della strage compiuta dai terroristi a Parigi e passi sotto silenzio quello che sta avvenendo in Nigeria. Si parla delle bambine kamikaze che Boko Haram ha usato per fare stragi nelle piazze e nei mercati. Dei bambini reclutati dall’ISIS nel nuovo califfato di Iraq e Siria addestrati a uccidere.
Agostino parla della natura diabolica di queste violenze.
Azalen informa che il prossimo giovedì verrà un giornalista (Paolo Pasi) che parlerà di libertà e di anarchismo, cioè del carattere che assume la società, in assenza di leggi. Poi precisa che c’è un nesso tra libertà e responsabilità e che qualunque uomo ha la possibilità di fare delle scelte.
L'uomo è condannalo ad essere libero", proclama Jean-Paul Sartre in una formula apparentemente paradossale: Egli sottolinea così l'idea che. la libertà dell'uomo è infinita e che, allora, rende, l'uomo interamente responsabile delle sue scelte. Nessuna scusa, nessun rammarico: se. la libertà è assoluta, io scelgo il significato dato all'esistenza . La libertà m'impegna per il valore che io attribuisco all'umano.
"Tutto ciò che mi accade è mio: si deve intendere con questo, innanzitutto, che io sono sempre all'altezza di ciò che mi accade, in quanto uomo, perché ciò che accade a un uomo da; parte di altri uomini e da parte di se stesso non potrebbe essere (che umano. Le più atroci situazioni della guerra, le peggiori torture non creano una situazione inumana: non vi è situazione inumana; soltanto con la paura, la fuga e il ricorso a comportamenti magici io potrei decidere dell'inumano; ma questa decisione è umana e io ne porterei l'intera responsabilità. Ma la situazione è mia. inoltre. perché è l'immagine della mia libera scelta di me stesso, e tutto ciò che essa mi presenta è mio per l'atto che mi rappresenta e mi simboleggia. Non sono io a decidere del coefficiente d'avversità delle cose e perfino della loro imprevedibilità nel decidere di me stesso? Così, non vi sono accidenti in una vita; un evento sociale che scoppia improvvisamente e mi coinvolge non viene dal di fuori; se io vengo richiamalo in una guerra, questa guerra è la mia guerra, essa è a mia immagine e io la merito. La merito innanzitutto perché potevo sempre sottrarmi ad essa, con il suicidio o la diserzione; queste possibilità estreme sono quelle che debbono sempre essere presenti, quando si tratta d'immaginare una situazione. Se ho mancato di sottrarmi ad essa, io l'ho scelta; e questo forse per ignavia, per vigliaccheria di fronte all'opinione pubblica, perché preferisco certi valori a quello del rifiuto stesso di fare la guerra (la stima dei mici vicini, l'onore della mia famiglia, ecc.). In ogni caso, si tratta di una scelta."
Azalen sostiene che tutti gli individui hanno la possibilità di scegliere e tutti nascono con la possibilità di condurre una vita dignitosa.. Ma secondo Namyar bisogna guardare le condizioni di partenza degli esseri umani, non tutti ricevono l’istruzione, l’educazione, dispongono di beni materiali e spirituali per vivere bene. Cita nuovamente l’esempio delle bambine usate come serbatoio di esplosivo, dei bambini mandati a combattere.
L’orrore degli ultimi fatti aleggia nei discorsi, come il rapporto tra la religione e la legge islamica che comanda di uccidere chi non ha la stessa fede. Leandro denuncia qualsiasi forma di fanatismo.
I discorsi si sono inanellati senza un preciso ordine, in modo un po’ caotico, sotto la suggestione degli ultimi fatti di cronaca e dell’orrore per atti che violano principi e valori universali. Come le esecuzioni in diretta di vittime inermi da parte di bambini che impugnano una calibro 9, o dei bambini kamikaze, attirati dal martirio che la Jihad offre.
L’incontro si conclude con l’invito a ritrovarsi tra sette giorni.
* I nomi dei detenuti sono di fantasia
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