Incontro del 19 febbraio 2015 Milano Casa circondariale San Vittore.
«I padri latinano, si sono eclissati o sono divenuti compagni di gioco dei loro figli.Tuttavia, nuovi segnali, sempre più insistenti,giungono dalla società civile, dal mondo della politica e dalla cultura,a rilanciare una inedita e pressante domanda di padre».
(Massimo Recalcati, Il complesso di Telemaco)
Oggi al Libroforum Azalen, Simone, Leandro e Iginia introducono un tema che suscita emozioni e pensieri forti. Lo spunto è dato da una lettera che un vecchio partecipante ha scritto sulla paternità vissuta in carcere (Vedi Lettera di Luca QUI).
Il tema è quello della paternità.
Naymar dice: "È un argomento che non ho mai voluto affrontare, un argomento massacrante" e racconta di essere stato un buon padre, pronto a giocare come quando si era messo a fare la scimmia per distrarre la sua bambina dolorante per le coliche. La moglie rideva e la piccola no.
Affiorano sentimenti contrastanti che pescano in vissuti familiari penosi. Ribadisce: "non posso chiedere perdono, perché non ho niente da farmi perdonare".
Vladimir lo contraddice: "tu come padre nono sei presente, devi chiedere perdono per questo. Io chiedo scusa perché mio figlio non l’ho cresciuto".
Racconta la sua esperienza triste di orfano mitigata dai bellissimi ricordi del padre che lo ha lasciato prematuramente. “Rimane la cosa più bella che ho avuto. A mio figlio volevo dare un padre, su questo vorrei chiedere scusa.”
"Adesso lui comincia a capire e mi chiede «perché non vieni a casa?». Per la legge” gli rispondo".
Nella lettera di Luca, ascoltata dal gruppo in silenzio, si sovrappongono i ruoli di tre generazioni, nonno, padre e figlio.